GREAT BARRIER REEF
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Great Barrier Reef
(La Grande Barriera Corallina)
EDITORIALE
L’Australia è un continente straordinariamente forgiato dalla costa e dagli organismi marini. Quasi in nessun’altra parte del mondo gli abitanti del mare sono così profondamente presenti nella coscienza della popolazione come in Australia, e la protezione dei biotopi marini, in molti dei quali vivono animali acquariologicamente interessanti, è, in questo paese, particolarmente accurata e ben sviluppata. Gli europei e gli altri abitanti dell’emisfero settentrionale del nostro pianeta che passano un periodo in Australia, devono abbandonare la supposizione che al sud sia caldo e al nord freddo. In Australia le cose, infatti, vanno esattamente al contrario: trovandosi a sud dell’equatore la metà settentrionale del paese vi è più vicina, risultando pertanto più calda di quella meridionale. La calura, inoltre, tende ad aumentare continuamente. Talmente tanto, che il maggiore complesso di reef corallini del mondo, la Great Barrier Reef, è seriamente minacciata. Moltissimi studi scientifici hanno evidenziato senza ombra di dubbio la relazione tra il riscaldamento dell’acqua causato dalle variazioni climatiche e lo sbiancamento dei coralli. In vent’anni, ammoniscono molti ricercatori, questi reef potrebbero già essere completamente distrutti! Il governo australiano sta considerando attualmente di proteggere i reef minacciati mediante delle vele solari. Dinnanzi alla costa settentrionale sono già presenti i primi tentativi, utilizzando coperture in tessuto fissate a delle passerelle, che ombreggiano delle parti del reef poste in acque particolarmente poco profonde. In aggiunta i biologi marini pianificano di nebulizzare in maniera continuativa l’acqua marina direttamente sopra alla superficie. In questo modo si dovrebbe ottenere una frammentazione della luce che contribuirebbe a ridurre la radiazione incidente sui coralli. Le piccole gocce nebulizzate, infatti, riflettono la luce solare, cosicché solo una parte della stessa raggiunge il mare. Che il rischio di perdere questo fantastico reef corallino australiano sia da prendere sul serio lo dimostrano i resoconti delle Maldive, i cui reef nel 1998 sono stati pesantemente toccati da un massiccio sbiancamento dei coralli. Chi si reca regolarmente alle Maldive, guardandosi intorno anche oggi avrà una buona impressione di come i biotopi corallini riescono a riprendersi dagli sbiancamenti, ed anche su quali cambiamenti a lungo termine e variazioni popolative si verificheranno. Anche in altre parti della terra, ad ogni modo, i reef subiscono danneggiamenti, si tratta oramai di un fenomeno globale, e come testimoniato dal noto tassonomista J. E. N. VERON nella sua intervista nel numero scorso della rivista, tutto questo accade nell’arco di vita di un singolo uomo. Si tratta di un ammonimento sul fatto che molte forme di vita faranno ben presto parte del passato, se tale andamento proseguirà per una intera generazione. Tutto ciò rende evidente che la minaccia degli habitat marini non costituisce un astratto rischio futuro, ma è ben esistente nel presente! “Quello che accade ora è inseparabilmente collegato con quanto è stato e con tutto ciò che sarà. Tutto è correlato, anche se si svolge in differenti livelli temporali”, è quanto ha dichiarato VERON. Quello che facciamo oggi con il mare e i suoi abitanti, determina il futuro dei biotopi marini, in tutto il mondo e in tutti i tempi! Se quindi qualcuno può avere un influenza su come appariranno i reef del futuro, questi sono gli uomini che vivono nel presente. Proprio in questo periodo di vacanze che ci aspetta, tali scenari sono tutt’altro che piacevoli. Occupiamoci pertanto degli aspetti positivi e di tutto quanto l’acquariologia marina può fornire, a livello hobbistico e scientifico, per favorire la protezione degli ambienti marini. E naturalmente anche delle molte affascinanti specie animali che necessitano tale protezione, con il loro interessante stile di vita e adattamento a ciascun ambiente e nicchia ecologica che occupano. Un buon esempio potrebbero essere gli animali endemici nelle acque australiane, come ad esempio il dragone marino (Phycodurus eques), che può essere considerato un modello nel mimetismo tramite l’adattamento; un pesce che ha l’aspetto di un cespuglio di alghe fluttuante, in grado non solo di confondere altri animali, ma spesso anche l’osservatore umano che lo ammira (quando riesce a vederlo…) in acquario.
Buona lettura!