Coralli Nr.44

CORALLI DI FUOCO

44

Acquista la rivista
Leggi le condizioni di acquisto
Versione cartacea



Coralli di fuoco

SOMMARIO

  • 2 EDITORIALE
  • 3 REDAZIONE ITALIANA
  • 4 MAGAZIN
  • 9 MAC NEWS
  • 10 A COLLOQUIO CON…
  • 16 REPORTAGE FOTOGRAFICO
    Coralli di fuoco
    Daniel Knop
  • 24 REPORTAGE
    Nozioni sui coralli di fuoco
    Daniel Knop
  • 30 PRATICA
    I coralli di fuoco nell’acquario marino
    Dott. Dieter Brockmann
  • 38 REPORTAGE
    I coralli filigrana
    Daniel Knop
  • 42 PANORAMICA
    I coralli di fuoco
    Daniel Knop
  • 41 IL POSTER
    Il granchio Orang-Utan
    (Achaeus japonicus)
    Werner Fiedler
  • 46 VIAGGIO
    Vivere il mare – L’isola di Selayar
    Werner Fiedler
  • 54 REPORTAGE
    Questione di taglia – Il verme setoloso gigante
    Karlheinz Klein
  • 56 REPORTAGE
    Movimenti natatori e livrea considerati da un punto di vista evolutivo
    Perché i pesci hanno le loro strisce?
    Prof.ssa Dott.ssa Ellen Thaler
  • 62 PRATICA
    In granchi ragno in acquario
    Sven Gehrmann
  • 70 RITRATTI D’ACQUARIO
    Una barriera corallina in acquario
    Tanne Hoff, acquario di Pieter van Suijlekom
  • 76 OGNI INIZIO E’ FACILE
    Le pagine per l’acquariofilo marino
    principiante
  • 80 NOVITA’ DAL MERCATO

    EDITORIALE

    Il fuoco, una parola definita nel dizionario come “reazione redox con comparsa di fiamme”, da sempre risveglia sentimenti contraddittori. Il concetto di fuoco può corrispondere al calore, all’intimità e alla preparazione dei cibi, al contempo però anche ad una minaccia, all’annientamento e alla distruzione. In maniera altrettanto ambivalente si possono considerare i coralli di fuoco nel reef. Da una parte affascinano le forme di crescita e lo stile di vita di queste colonie di idrozoi, che si sono adattati ad un ambiente del tutto speciale. Dall’altro, però questi coralli di fuoco estremamente urticanti minacciano le gorgonie e altri abitanti del reef, sopraffacendoli e letteralmente insinuandosi tra loro. Solo pochi organismi, come i crostacei della classe Cirrhipedia, riescono a contrastare una tale invasione, utilizzando addirittura la capacità urticante dei coralli di fuoco come arma di difesa verso i predatori, vale a dire che, in un certo qual senso, essi riescono a “domare il fuoco”. In un acquario di barriera può rivelarsi particolarmente difficile mantenere sotto controllo questi animali, perché si possono verificare delle sorprese indesiderate, come descritto in un articolo di questo numero. In una vasca di barriera, ad ogni modo, non si tratta di situazioni insolite, e sicuramente ogni acquariofilo marino ha avuto a che fare con qualche sorpresa indesiderata. Che si possano avere dei problemi anche con esemplari di vermi, e di sorprendente lunghezza, lo ha sperimentato sulla propria pelle nel proprio acquario un nostro lettore. Il pesce cardinale Pterapogon kauderni rimane nell’ambito dell’acquariologia marina, perlomeno per ora. Il rischio di un divieto commerciale attraverso il CITES pare scongiurato, grazie all’interessamento di organizzazioni quali l’Ornamental Fish International (OFI). Ad ogni modo il principio “Protezione delle specie invece di protezione del biotopo” in molte parti viene ancora ritenuta una valida soluzione, basti pensare, ad esempio, alle dichiarazioni di una autorità per la protezione degli animali attraverso le pagine di un noto giornale berlinese, secondo la quale il suo primo dovere sia quello di introdurre un divieto di importazione di pesci per acquario e di altri invertebrati nell’UE. Una esclusione o un divieto di importazione per determinate specie di pesci corallini potrà anche risolvere alcune problematiche, ma ne crea al contempo molte altre quasi irrisolvibili. Certo, un prelievo senza scrupoli e privo di controlli di animali a scopo commerciale costituisce una strada sbagliata, perché comporta il grande rischio di una decimazione delle popolazioni naturali, costituendo una sorta di aggressione per una struttura ecologica sensibile. In ogni caso, uno stop completo alle catture rappresenta un intervento aggressivo verso una compagine sociale sensibile, dato che un divieto di commercializzazione o importazione ridurrebbe le possibilità di sostentamento a moltissime famiglie di pescatori nei paesi tropicali. Questo comporterebbe che i raccoglitori di pesci per acquario si orienterebbero verso la pesca di animali per alimentazione, alla fine non rinunciando neppure all’impiego di esplosivi. Lo scopo non è quello di proteggere le specie ma gli ambienti, e bisognerebbe cercare di raggiungere tale obiettivo non attraverso i divieti, ma per mezzo di uno sfruttamento conservativo della natura. Il mercato acquariologico, attraverso le sue necessità di animali e la sua forza commerciale, offre la possibilità di creare un reddito per molte persone nei paesi tropicali ricchi di coste. La via migliore per essere utili contemporaneamente agli animali e all’uomo, sarebbe un prelievo accurato e controllato di quantità talmente ridotte da non danneggiare le popolazioni naturali, ma sufficientemente grandi da costituire un contributo per sfamare gli abitanti costieri dei paesi di origine, e tutto questo in una maniera ecologicamente compatibile. Questo può, e deve, essere compreso sostanzialmente come un aiuto allo sviluppo. Una forma di ausilio che alla fine viene finanziato dall’acquariofilo marino alla cassa del negozio. Si protegge quello che ci è utile: questo sfruttamento conservativo crea una base per una efficace protezione ambientale, il cui senso e scopo viene compreso anche dai pescatori tropicali, perché assicura loro l’esistenza. Chi protegge i biotopi, protegge anche le specie. Al contrario non si otterrebbe alcun risultato.

    Buona lettura…