Coralli Nr.45

BLENNIDI

45

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Blennidi

SOMMARIO

  • 2 EDITORIALE
  • 3 MAGAZIN
  • 10 REPORTAGE FOTOGRAFICO Blennidi Daniel Knop
  • 18 REPORTAGE Salarias fasciatus La bavosa gioiello Proff.ssa Dott.ssa Ellen Thaler
  • 22 REPORTAGE I blennidi del Mediterraneo In natura e in acquario Harold Weiss
  • 26 REPORTAGE La freccia dentro al tubo I blennidi luccio in acquario Martin Reich e Jean Laurens
  • 30 PRATICA Blennidi (Blenniidae) in acquario Proff.ssa Dott.ssa Ellen Thaler
  • 34 REPORTAGE La sistematica dei blennidi Daniel Knop
  • 39 IL POSTER Mycedium elephantotus
    Il corallo ad orecchio di elefante Werner Fiedler
  • 44 VIAGGIO Ambienti marini nella Repubblica Dominicana Daniel Knop
  • 50 REPOTRAGE La grande abbuffata Tobias Engel
  • 54 REPORTAGE Reef artificiali Protezione del reef o parco giochi per avventure? Daniel Knop
  • 60 L’ANGOLO DEL RIPRODUTTORE La riproduzione dei copepodi come mangime per l’accrescimento Dott. Holger Kraus
  • 64 RITRATTI D’ACQUARIO Lampadari a corona e un acquario ad Amsterdam Ron Hessing, acquario di Jan Willem Esselar
  • 69 OGNI INIZIO E’ FACILE Le pagine per l’acquariofilo marino principiante
  • 72 REPORTAGE Il mantenimento delle meduse a Colonia Dott. Lutz Fischer
  • 76 NOVITA’ DAL MERCATO

    EDITORIALE

    Probabilmente, per alcuni non acquariofili i pesci che abbiamo scelto come tema principale di questo numero di CORALLI, i blennidi, comunemente chiamati “bavose”, potranno sembrare poco attraenti e interessanti, perlomeno per quello che concerne il termine che li caratterizza: “bava”. Questa parola indica, in effetti, un qualcosa che nella maggior parte delle persone induce un ribrezzo. Basta però dare una occhiata alla foto di copertina per far comprendere anche al profano che un tale pregiudizio è del tutto inadeguato: questo gruppo di pesci comprende degli animali il cui mantenimento in acquario è particolarmente affascinante. Si tratta di una esperienza che di recente ho fatto io stesso, quando ho avuto modo di mantenere in una vasca da 500 litri dei pesci della famiglia Chaenopsidae (molto prossimi a quelli appartenenti alla famiglia Blenniidae). In questi pesci della specie Emblemaria pandonis ho avuto modo di osservare, per la prima volta, il corteggiamento dei maschi. Immediatamente ho predisposto l’attrezzatura fotografica, nella speranza che, muovendomi con cautela e dopo un certo periodo di ambientamento, uno di questi piccoli pesci possa uscire nuovamente dalla cavità tubolare in cui abita per ripetere tale comportamento. In ogni caso, ho ampiamente sottovalutato questi animaletti che si sono mostrati molto “cooperazione”. Mentre stavo ancora predisponendo la macchina fotografica con il cavalletto davanti al cristallo frontale dell’acquario, diversi esemplari iniziarono l’attività di corteggiamento. L’enorme pinna dorsale si presentava estesa al massimo per poi essere nuovamente ripiegata, in maniera ritmica e circa due volte al secondo per un periodo di dieci secondi. I minuscoli pesci non si sono lasciati infastidire nel loro corteggiamento, neppure da altre manipolazioni della macchina fotografica. Al contrario, ho quasi avuto la sensazione che si cimentassero nel corteggiamento proprio quando si sentivano osservati. In particolare la mattina, nell’acquario ancora poco illuminato, nell’arco di pochi minuti è stato possibile osservare diverse dozzine di manifestazioni di corteggiamento, con i piccoli pesci neri come la pece che uscivano dalle più svariate tane tubolari, poste in diversi punti tra le rocce decorative, per ingraziarsi i favori delle femmine. Con successo, bisogna aggiungere. Tuttavia, non sempre le cose in acquario si svolgono senza inconvenienti. Talvolta, infatti, la convivenza e il mantenimento in acquario degli animali marini può creare anche degli artefatti, che producono risultati e comportamenti innaturali. Quasi tutti gli acquariofili hanno qualcosa da raccontare a riguardo, anche se non sempre quanto raccontato viene considerato un artefatto. In casi particolarmente drammatici gli abitanti dell’acquario possono addirittura perdere la vita, come quando vengono ingerite prede troppo grandi. Che gli “incidenti” attraverso il concatenamento di circostanze fortuite possano verificarsi anche in natura è una cosa che so bene, da quando Heiko Blessin in un resort filippino era in piedi davanti a me completamente bagnato raccontandomi nervosamente quello che aveva appena visto: un pesce istrice completamente gonfio che si trovava con tutta la testa sotto alla sabbia agitando freneticamente la pinna caudale. Heiko, curioso, aveva tirato il pesce istrice fuori dalla sabbia e svelato il mistero: il pesce era finito con la testa su un ceriantide, e durante i suoi inutili tentativi di liberarsi l’invertebrato di riflesso si era ritirato nella sua tubazione. Nessuno dei due animali era riuscito a sfuggire alla forzatura degli eventi. Collocare degli animali marini in un contenitore di vetro, vale a dire un acquario, è un modo per le persone di confrontarsi con la biologia e l’ecologia degli abitanti della barriera corallina per studiarli. Gli esempi a riguardo non vengono solo dagli appassionati acquariofili, ma anche dal nuovo acquario sperimentale dell’Università di Gießen, del quale riferiamo in questo numero. Un’altra strada consiste nella realizzazione di reef corallini artificiali. In ogni caso, le enormi difficoltà nella creazione di strutture di base durevoli per questi reef artificiali, e gli elevatissimi costi, mi portano alla convinzione che sarebbe molto più sensato sviluppare invece delle strategie altamente efficaci per la ricolonizzazione delle aree distrutte nei reef naturali. Innumerevoli aree di barriera sono in parte seriamente danneggiate dalla pesca con gli esplosivi, anche se i fattori ambientali circostanti non sono cambiati. In questo caso una struttura di base durevole è già disponibile, come pure l’ambiente dal quale possono provenire gli organismi per la nuova colonizzazione. Questi progetti rappresenterebbero una vera protezione dei reef, perché contribuirebbero ad evitare che le lacune nella copertura corallina possano diventare ferite, attraverso le quali le macroalghe si insediano nella barriera disturbando e sopraffacendo i superstiti della comunità corallina ancora vitali. In questo senso i progetti di farming corallino, nonché le esperienze degli appassionati acquariofili nella riproduzione vegetativa dei coralli, si rivelerebbero sicuramente utili. Infine una segnalazione: dopo le versioni in tedesco, inglese, francese, italiano e russo, è ora CORALLI è disponibile anche in lingua polacca. Auguriamo tanto successo alla nuova pubblicazione, con la consapevolezza che si tratta di un ulteriore passo verso un collegamento e uno scambio internazionale di esperienze nell’acquariologia marina.

    Buona lettura