Il valore di pH in acquario
Il valore di pH di un acquario di barriera dipende dalle sostanze acide o alcaline disciolte nell’acqua e dalla specie e quantità di quelle tamponi presenti. Tra queste, per esempio, possono esserci carbonati, borati ma anche fosfati. Sono altrettanto decisivi gli occupanti e l’illuminazione: gli animali respirano liberando in questo modo anidride carbonica, che nell’acqua attraverso la formazione dell’acido carbonico ha un effetto riducente sul pH.
Le alghe, e tra queste anche le zooxantelle dei coralli, espletano la fotosintesi e in questo modo consumano l’anidride carbonica aumentando il valore di pH. Di notte, quando subentra l’oscurità, prevalgono gli influssi tendenti ad abbassare il pH, di giorno questo salirà a causa dell’aumento della durata dell’illuminazione. Se queste fluttuazioni giorno/notte non si verificano, nell’acquario probabilmente qualcosa non funziona. In questo caso è necessario comprendere la causa specifica, cosa però non sempre facile. È in ogni caso un importante segnale che nell’acquario qualcosa è cambiato. Eventualmente è necessario sostituire le lampade, perché la loro resa è diminuita, dato che influenzano direttamente il valore di pH.
Fluttuazioni di pH
In che punto debba trovarsi il valore di pH in un acquario per coralli non può essere definito con l’ausilio di un singolo valore numerico. Di notte il pH può calare anche fino 7,5. Nelle vasche con una fitta popolazione di coralli, che durante la fase di oscurità producono anidride carbonica, questo può accadere dopo lo spegnimento della luce, e persino con grande rapidità. Durante il giorno negli acquari intensamente illuminati il valore di pH sale fino a valori di 8,9. In questi casi può rivelarsi opportuno controbilanciare attraverso l’anidride carbonica. Il dosaggio avviene attraverso l’aria dello schiumatoio, nel quale viene convogliata l’anidride carbonica con l’ausilio di una giunzione a T. Come valore di riferimento solitamente si sceglie scelgo 8,4. Al contempo durante la notte, allo scopo di evitare un forte calo, si può provvedere al dosaggio di acqua calcarea. Se la si dosa per mezzo di un computer per acquari, capace di regolare in entrambe le direzioni, il valore di pH può essere stabilizzato con relativa esattezza su un determinato valore. Non si constatano però vantaggi degni di nota rispetto agli acquari con fluttuazioni di pH tra 7,8 e 8,5 in tutte le vasche. Questo non deve sorprendere, perché sono molteplici i fattori che hanno una influenza sulla crescita dei coralli oltre al valore di pH. Quando si dosa l’acqua calcarea per mezzo di un controllo del livello, è necessario assicurarsi che venga dosata acqua soltanto quando questa effettivamente manca. Invece di aggiungere anidride carbonica attraverso uno schiumatoio, è possibile farlo anche attraverso il reattore di calcio. Il reattore di calcio, regolato ad un valore di pH 5,9-6,5, viene messo in collegamento, per mezzo di una pompa dosatrice, solo quando il pH nell’acquario cala. Come si vede, questi controlli diventano ben presto abbastanza complessi. Non dovremmo pertanto mai dimenticare che anche il più costoso dei sistemi di controllo può anche difettare e inoltre si rivela perfino dannoso se non si effettuano regolari manutenzioni. In sostanza nel caso di tali istallazioni dobbiamo comprendere quello che accade se qualcosa smette di funzionare adottando le adeguate contromisure.

Un misuratore di pH portatile, nel quale non può essere sostituito l’elettrodo. Se presenta dei difetti deve essere rimpiazzato con un nuovo apparecchio. Di regola non sono comunque più costosi di una singola sonda.
L’aggiunta di anidride carbonica dovrebbe, in ogni caso, avvenire il più lentamente possibile. Se per una volta la valvola a magnete non funzionerà, cosa che avviene quasi sempre nella posizione “aperto”, qualora la regolazione sia bassa il contenuto della bombola non si svuoterà nell’acquario in un breve periodo. Lo stesso vale per il dosaggio dell’acqua calcarea; l’aggiunta dovrebbe avvenire soltanto attraverso una pompa dosatrice a lento funzionamento, non per mezzo di una valvola a magnete posta direttamente nel circuito dell’acqua prima di un miscelatore per acqua calcarea. Se questa dovesse rimanere bloccata in apertura, l’acquario marino si trasformerebbe facilmente in una vasca di acqua dolce, per non parlare dei danni arrecati all’abitazione a casa della tracimazione. In sostanza è opportuno pianificare meticolosamente gli intervalli di misurazione. La calibrazione e la pulizia delle sonde, nonché il rabbocco dell’elettrolita, sono interventi da espletare con regolarità nella misurazione del pH. Chi non dispone di un computer per acquari e vuole regolare il valore di pH in entrambe le direzioni con due dispositivi di misura e regolazione, deve naturalmente prestare una particolare attenzione in modo che tutto sia ottimamente calibrato. Solitamente nel controllo del pH si opera con una esattezza di regolazione (Isteresi) di +/- 0,05 unità. Questo comporta un valore di riferimento di 8,3 mantenuto stabile nel campo 8,25-8,35, presupponendo che l’aggiunta di un acido o di una soluzione alcalina non avvenga in modo così veloce che la sonda lo “avverta” solo quando è già avvenuto un dosaggio eccessivo. Pertanto, come già ricordato, tutto dovrebbe essere dosato lentamente, preferibilmente in un punto con corrente accentuata nei pressi della sonda di misurazione. È sempre meglio che il dispositivo si azioni più spesso che troppo poco. Nel caso di due apparecchi di misurazione può comunque accadere spesso che una calibrazione errata e dei valori di riferimento troppo ravvicinati determinino, per esempio, i dosaggi contemporanei di anidride carbonica e acqua calcarea. Questo non si rivelerebbe favorevole nè per i costi di gestione nè per gli occupanti dell’acquario. Per la calibrazione bisogna impiegare sempre soluzioni nuove e non collocare mai la sonda semplicemente nella bottiglietta per continuare in seguito ad utilizzare tale soluzione. Questo almeno in teoria. È preferibile adoperare piccole quantità della soluzione di calibrazione immettendole nelle provette dei test: dopo aver effettuato l’operazione è opportuno gettare il liquido. Inoltre, prima di passare da una soluzione di calibrazione all’altra, si dovrebbe provvedere a risciacquare con acqua demineralizzata o di osmosi e ad asciugare la sonda, perché altrimenti si apporterà qualcosa della soluzione a pH 7,0 in quella a pH 10 falsandola. Chi vuole effettuare una misurazione molto precisa, può naturalmente farlo. Se però non si ha bisogno di una accuratezza di 0,05 unità, si può effettuare la calibrazione anche direttamente nella bottiglietta e prima di passare da una all’altra semplicemente scuotere la sonda per far gocciolare il liquido da eliminare. Si tratta di una pratica che adopero da anni senza apprezzabili svantaggi. La maggioranza delle soluzioni di calibrazione devono essere conservate al fresco (leggere le indicazioni sull’etichetta del flacone). E’ preferibile conservarle in frigorifero e prima dell’utilizzo le lasciarle riscaldare per mezza giornata. Se lasciate permanentemente al caldo, è meglio sostituirle ogni due mesi circa. Le soluzioni raffreddate durano più a lungo, fino ad un anno. Se all’interno si evidenziano degli agglomerati, devono essere subito sostituite, perché le soluzioni tampone diventate inservibili, determinano delle calibrazioni sbagliate e in seguito errori di misurazione più o meno grandi. Chi risparmia su questo, lo fa sicuramente nel settore sbagliato.

