Con altri articoli della rivista e in questo Blog abbiamo già trattato le basi fisiche della luce, abbiamo esposto i singoli habitat di profondità marine inclusi i loro tipici “climi” luminosi, abbiamo anche fornito fine fornito un consiglio sull’illuminazione per il tipo di acquario che riproduce questa zona (CORALLI Nr. 47). In questo articolo tratteremo le lampade a fluorescenza. Fin dagli anni ’80 si associano gli acquari di barriera alle lampade fluorescenti blu, che vengono impiegate in aggiunta a quelle a luce diurna oppure unitamente al tipo alogeno ai vapori metallici (“HQI”). Tuttavia non ogni acquariofilo utilizza questi tubi blu sopra al suo acquario di barriera, e i principianti si pongono spesso la domanda se essi siano necessari oppure no. Gli acquariofili marini esperti forniscono risposte molto contrastanti; una parte è a favore delle lampade fluorescenti blu e le impiega sempre, l’altra li evita e utilizza altre colorazioni di luce. Esaminiamo dapprima come le lampade fluorescenti blu sono arrivate nell’acquariologia di barriera, per poi elencare le loro caratteristiche.
Lampade fluorescenti blu e bianche

Le moderne lampade a LED come questa della TUNZE producono uno spettro luminoso completo coprendo pertanto anche la radiazione luminosa Blu.
Dopo che fino alla fine degli anni ’60 si era cercato principalmente di capire quali animali corallini erano mantenibili nelle condizioni acquariologiche di allora, all’inizio degli anni ’70 si iniziò a predisporre le condizioni specialmente in vista delle necessità ambientali degli abitanti dei reef corallini, sperimentando anche con la luce. Mentre in mare con l’aumento della profondità aumenta progressivamente la componente blu della luce, gli acquari allora venivano illuminati con le comuni lampade fluorescenti blu, talvolta di color bianco caldo, altre con il tipo a luce diurna, altre volte neutrale o bianco freddo. I mezzi luminosi con valori Kelvin superiori, come oggi li conosciamo, con circa 10.000 o 15.000 K, non erano allora disponibili perché non se ne avvertiva la necessità. Per questa ragione gli acquariofili di quegli anni si avvalsero dell’effetto delle lampade blu, che fino ad allora erano considerate esotiche come quelle verdi o rosse. Questi tubi blu venivano impiegati in aggiunta alle lampade a luce diurna, per creare una luce mista con valori Kelvin superiori. In questo modo però la componente rossa dei tubi bianchi, che può favorire la crescita delle alghe, non viene eliminata, ma semplicemente sopraffatta per mezzo di una intensa componente blu, cosicché i nostri occhi umani non riescono quasi più a percepirla. Nella ricerca di alternative verso la fine degli anni ’80 si cominciò ad utilizzare il vetro al cobalto, installato davanti alle lampade alogene ai vapori metallici. Queste lastre contengono una certa quantità di alluminato di cobalto, cosa che li colora fortemente di blu, lasciando filtrare soltanto la radiazione luminosa di una determinata parte dello spettro e trattenendo tutte le altre (verde, giallo rosso). In questo modo, la fastidiosa crescita delle alghe si poté drasticamente limitare, ma purtroppo riducendo con questi vetri la quantità di luce complessiva ad una frazione, al punto che ben presto questo metodo fu riconosciuto come non praticabile. In sostanza la radiazione blu può ugualmente essere utilizzata dalle piante per la fotosintesi come quella di altre aree dello spettro. Il presupposto è però che le strutture in oggetto nelle cellule vegetali siano anche in grado di assumere tale radiazione blu. I molti singoli tipi di clorofilla sono ad ogni modo specializzati in determinate aree spettrali, spesso molto limitate. Anche l’impiego dei pigmenti ausiliari, capaci di assorbire altre lunghezze d’onda rispetto alla clorofilla (un trucco del quale si avvalgono quasi tutte le piante e le alghe, per ridurre le grandi lacune nello spettro di assorbimento) può di fatto assumere solo determinati colori di luce. Non ogni alga è in grado quindi di sfruttare la luce blu. Quelle che vi riescono, però, ne hanno bisogno in minima quantità, perché la radiazione luminosa blu ad onda corta è straordinariamente ricca di energia. Queste alghe sono a volte perfino dipendenti dalla disponibilità della radiazione blu, e pertanto quelle rosse o i coralli di profondità, per esempio, non dovrebbero essere mantenuti sotto colori di luce con valori Kelvin molto ridotti (per esempio 4000 K). Non hanno bisogno certamente di pura luce blu, ma di una sufficiente componente di questo colore nella radiazione luminosa mista.
Moltissimi colori di luce
Questa componente di radiazione luminosa blu non deve tuttavia essere prodotta dai tubi fluorescenti blu. Al contrario della situazione dell’acquariologia marina negli anni ’70 o negli anni ’80, quando erano disponibili fonti luminose bianche e blu, oggi possiamo scegliere tra diverse tipologie concepite in modo speciale per l’acquariologia marina. Tutto questo nel frattempo non riguarda solo le lampade alogene ai vapori metallici, ma anche i tubi fluorescenti: oggi sono disponibili colori di luce quasi di ogni valore Kelvin che riscontriamo in mare tra la superficie dell’acqua e una profondità di 20 o 30 metri. Ciò significa che siamo in grado sostanzialmente di soddisfare la necessità di radiazione blu di determinate alghe, anche quelle simbionti (e con queste i coralli), che per esempio hanno bisogno di un colore di luce di 10.000 o 15.000 Kelvin. Anche gli effetti fluorescenti che i tubi blu richiamano in alcuni coralli di particolare pigmentazione, possono avere luogo con tali mezzi di illuminazione. Il vantaggio di questi tubi luminosi fluorescenti o delle lampade HQI consiste nel fatto che la radiazione rossa, indesiderata ma presente, viene sopraffatta da una sorgente luminosa bianca con radiazione blu ma, a secondo del tipo, si produce meno radiazione rossa.