Il mantenimento in acquario dei coralli a scheletro calcareo del genere Acropora fin dal ”boom dei coralli duri” gode di un gradimento sempre maggiore. Sulle loro necessità in acquario molto è già noto, e continuamente vi si aggiungono altre nuove conoscenze. Soprattutto nel campo dell’illuminazione degli acquari, della qualità dell’acqua, della somministrazione di oligoelementi e del dosaggio del calcio, ci si dà molto da fare per ottenere progressi, e moltissimi acquariofili tentano con intensità di far assumere ai loro ospiti delle pigmentazioni cromatiche particolarmente accese. Spesso d’altro canto non si considera che questi coralli anche in acquario sono afflitti molte volte dai parassiti. In natura questi occupano un posto nella catena alimentare, cosicché i loro predatori ne limitano la diffusione ed i danni provocati al tessuto dei coralli rimangono circoscritti. Nei nostri acquari le cose vanno purtroppo in modo diverso.

L’infestazione da Turbellaria porta ad un rapido deterioramento dei tessuti.

L’infestazione da Turbellaria porta ad un rapido deterioramento dei tessuti.

Come arrivano i parassiti nei nostri acquari?

Per capire da dove abbiano origine queste Turbellarie e come facciano ad arrivare nell’acquario, abbiamo analizzato moltissime spedizioni di coralli importati alla ricerca di organismi parassitari. In questo senso la nostra attenzione si è concentrata in modo particolare sul tipo Turbellaria, del quale ho già avuto modo di riferire nel numero 3 di Coralli. Queste planarie vivono tra i coralli, depongono le uova sul loro scheletro e sembrano alimentarsi del tessuto dei loro polipi. Queste Turbellarie si riscontrano in modo particolare sui “coralli SPS” (small polyped scleractinians = coralli duri a polipo piccolo), che sono arrivati a noi dai mari del Sud e dall’arcipelago Indonesiano. Il maggior rateo di contaminazione è stato riscontrato su dei coralli provenienti dai territori di raccolta delle Isole Figi e Tonga. Non raramente ci capitò di individuare anche 40-50 parassiti su di colonie non più grandi di una palla da tennis. Tra i coralli di queste spedizioni solo poco frequentemente si trovavano invertebrati che non ne erano colpiti. Analizzando i coralli di importazione indonesiana invece la percentuale di colonie fortemente infestate dai parassiti era molto circoscritta. Ma anche in questo caso abbiamo trovato spesso alcune Turbellarie sui coralli. Con questo non si dovrebbe avere l’impressione che dall’Indonesia siano arrivati solo coralli sani e dalle isole Figi e Tonga esclusivamente colonie contaminate. Una ragione probabile per una più elevata infestazione potrebbe essere che già durante il mantenimento dall’esportatore i coralli si “scambino” i loro parassiti, in questo modo anche gli esemplari sani vengono contaminati dalle Turbellarie (e da altri organismi?). Lo stesso rischio sussiste anche durante il mantenimento presso grossisti o negozianti nei relativi paesi di arrivo, ed una particolare problematica è insita nella mancanza di adeguate conoscenze su questi parassiti e sui danni da loro provocati, da parte di molti negozianti ed importatori. Appena i coralli soccombono nelle vasche di quest’ultimi, la causa della perdita viene spesso imputata solamente a problemi di trasporto senza analizzare più da vicino le colonie. Chi si cimentasse in osservazioni più approfondite, potrebbe senza meno evitare diverse perdite di animali. Per poter studiare più dettagliatamente la riproduzione e la reazione ad un trattamento di immersione, scelsi una colonia di Acropora che solitamente viene offerta come A. nasuta ed in commercio è conosciuta con l’identificazione cromatica di “tricolor”. Per via della pigmentazione a tre colori (blu, verde e marrone), le Turbellaria si possono facilmente scoprire e la morfologia del corallo offre ai parassiti un buon riparo, perché li rende difficilmente raggiungibili dai labridi. Inizialmente la colonia venne mantenuta sotto una lampada HQI da 400 W (10.000 K). In quel momento il corallo non mostrava ancora alcun sintomo di malessere (ad esempio una riduzione della colorazione) e solo pochi parassiti erano identificabili. Dopo quattro giorni ho prelevato l’invertebrato dalla vasca per immergerlo in una soluzione di Povidon-iodio. Dopo cinque minuti di immersione nel recipiente di trattamento potei contare 38 Turbellarie. Nella parte inferiore della colonia riuscii ad identificare un deposito di cinque uova ed uno ulteriore di sette. Nonostante questo riposizionai il corallo in acquario nella sua collocazione originale, senza rimuovere le uova, dato che volevo verificare se il trattamento le aveva danneggiate o se le Turbellaria fossero fuoriuscite ugualmente. Contemporaneamente diminuii l’illuminazione a 175 W (14.000 K), ma tutto il resto rimase invariato. Il terzo giorno dopo il trattamento di immersione, le uova non erano più tutte piene, e ad occhio nudo fui in grado di scorgere i primi esemplari di Turbellaria sul corallo. L’ottavo giorno il numero di parassiti era aumentato e le condizioni del corallo peggiorate. Il tredicesimo giorno venne effettuato nuovamente un bagno nella soluzione di 5 minuti, per determinare il numero di turbellarie. Furono rinvenuti 16 esemplari. Se il numero più esiguo avesse avuto una qualche correlazione con la riduzione dell’illuminazione (da 400 Watt a 175 Watt), voglio determinarlo nei prossimi tempi con ulteriori sperimentazioni, come pure le influenze di sostanze minerali, della schiumazione e di altri fattori.

Segue parte 2