Nel reef corallino si osserva in prevalenza un gran numero di diverse specie di coralli. Per molti acquariofili è un obiettivo far convivere svariate specie di invertebrati. La ricchezza di specie, infatti, è una delle caratteristiche più affascinanti del reef. Spesso però si sente o si legge che non è quasi possibile far convivere in acquario coralli duri e molli. È vero? È effettivamente necessario decidersi per uno di questi due gruppi e allestire un acquario per coralli duri o uno per quelli molli? Sostanzialmente no, se si considerano alcuni fattori. In generale è corretto dire che i coralli duri e i coralli molli si complicano reciprocamente l’esistenza. Questo avviene non solo attraverso un contatto diretto, ma anche indirettamente, per mezzo di sostanze rilasciate nell’acqua. Tra queste le cellule urticanti, ma anche secrezioni corporee contenenti le più diverse sostanze. In mare tali sostanze si diluiscono fortemente, sicché l’effetto ha luogo solo nelle immediate vicinanze. In acquario però, dove in confronto abbiamo a disposizione soltanto una minuscola quantità d’acqua, si creano facilmente concentrazioni di tali sostanze che inibiscono la crescita di determinati invertebrati, e il risultato è che non riusciamo praticamente a far sviluppare l’una o l’altra specie di corallo.

Briareum asbestinum e Capnella imbricata coesistono senza danni visibili.

Degenerano, aprono appena i loro polipi, cedono talvolta secrezioni all’acqua, e dopo un certo periodo in alcuni punti si può sciogliere addirittura il tessuto, perché il corallo a causa della lotta per la difesa, che consuma molta energia, è talmente indebolito da non avere più resistenza verso i cosiddetti “protozoi opportunisti” o altri flagelli. Alcune specie di coralli duri, irritati in questo modo, spesso estendono anche i loro tentacoli da combattimento fortemente allungati e armati di cellule urticanti, nonostante nelle immediate vicinanze non si trovi nessun corallo verso il quale utilizzarli. Ad ogni modo, non tutti i coralli che non possiedono una stretta relazione di parentela si danneggiano a vicenda. Briareum asbestinum del Mar Rosso e Capnella imbricata, per esempio, non appartengono solo a generi diversi ma hanno origine da famiglie differenti, eppure si tollerano in modo eccezionale, perfino in caso di contatto intenso e permanente. D’altro canto non esistono quasi acquari nei quali crescano bene due diverse specie del genere Anthelia; sembra addirittura, nel caso di questi rappresentanti strettamente imparentati dello stesso genere, che si verifichino complicazioni nel caso di una convivenza. La ragione di tali problemi sta nella dominanza biochimica sviluppata dalle singole specie. Ogni invertebrato sessile deve difendersi in qualche modo dagli altri organismi. Non devono essere circoscritti unicamente i danni da predazione, ma anche la copertura da parte di altri sarebbe fatale. Per potersi difendere, questi invertebrati producono l’arsenale di composti biochimici sopra citato, e in diretta vicinanza di un corallo tali sostanze possono anche essere avvertibili. A grande distanza, comunque, le cose vanno diversamente, e solo occasionalmente in natura si incontrano coralli di una sola specie in tale quantità da poter praticamente parlare di una monocoltura. In un’area del genere, colonizzata per esempio solo da una determinata specie di Acropora, non sono quasi presenti altre specie di coralli. Se vi collocassimo un alcionide Sarcophyton e tornassimo sul posto un anno dopo, questo con grande probabilità si sarebbe ridotto ad un ammasso appena visibile oppure non sarebbe più presente. Da un lato in una monocoltura di questo tipo la crescita di uno “straniero” verrebbe fortemente limitata, dall’altro i coralli rimanenti in tali condizioni si sviluppano in modo impressionante, spesso al limite delle loro possibilità. La ragione è piuttosto semplice: un corallo circondato dai propri conspecifici deve investire pochissima energia per la propria difesa. I processi biochimici, che servono come difesa verso altre specie di coralli, costano energia, e meno energia si deve investire nella difesa più se ne dispone per la crescita e la riproduzione. Nel caso del singolo Sarcophyton che nell’esempio abbiamo collocato tra gli innumerevoli esemplari di Acropora è accaduto esattamente il contrario: questo corallo era talmente occupato dai composti biochimici, ceduti dai coralli duri all’acqua circostante, da non potersi sviluppare normalmente. Di conseguenza in acquario dovremmo evitare una dominanza di singoli gruppi animali, se desideriamo avere una grande ricchezza di specie tra i coralli. Se la vasca è dominata dai coralli molli, allora un singolo corallo duro probabilmente avrà difficoltà ad insediarsi. Al contrario avviene questo: se i coralli duri con le loro secrezioni corporee e i veleni urticanti dominano l’ambiente dell’acquario, sono in grado di respingere singoli coralli molli. Torniamo quindi alla domanda iniziale: è possibile combinare tra loro in un acquario di barriera coralli duri e molli? La risposta sarebbe sostanzialmente affermativa, ma è necessario creare gli adeguati presupposti, e tra questi, come si è appena detto, fare attenzione che nessun gruppo animale domini l’ambiente dell’acquario con le sue cellule urticanti e sostanze biochimiche di difesa. In aggiunta è possibile favorire la convivenza di diverse specie di coralli rimuovendo dall’acqua le secrezioni e le cellule urticanti presenti. In tal senso sono di aiuto soprattutto una intensa schiumazione e il filtraggio con carbone attivo, perché attraverso questo trattamento dell’acqua vengono asportate. Anche l’ozono, che in un acquario di barriera nella maggior parte dei casi non viene impiegato, può rivelarsi utile, perché distrugge le cellule urticanti liberate dai coralli.