Coralli Nr.29

RICCI DI MARE

29

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Ricci di Mare

Sommario

2       EDITORIALE

3       LA POSTA DEI  LETTORI

5       MAGAZIN

8       A COLLOQUIO CON…

12      RARITÀ

16      REPORTAGE FOTOGRAFICO

Ricci di mare

Daniel Knop

 

24      REPORTAGE

La fisiologia dei ricci di mare

Alf Jacob Nilsen

 

32      REPORTAGE

I ricci di mare e il loro veleno

Prof. Dott. Dietrich Mebs e Daniel Knop

 

36      PRATICA

I ricci di mare come alghivori

Daniel Knop

38      REPORTAGE

Un pasto spinoso

I ricci nel mondo della gastronomia

Svein A. Fosså

 

41      PANORAMICA

Ricci di mare adatti all’acquario

A. J. Nilsen e Svein A. Fosså

 

43      IL POSTER

Il pesce palla dalla macchia bianca

(Arothron meleagris)

Frank Schneidewind

 

48      VIAGGIO

L’Elba e il Giglio

Due perle della Toscana

Stine Pelz e Kai Vellig

 

54      RITRATTI D’ACQUARIO

L’acquario con gola di barriera

Steve Weast

 

62      AMERICAN REEFKEEPING PERSPECTIVES

Anthony Calfo

 

66      REPORTAGE

La profilassi dei parassiti cutanei

Prof.ssa Dott.ssa Ellen Thaler

 

70      PRATICA

Turbellari

Un tormento nell’acquario di barriera

Harald Mülder, Robert Baur-Kruppas

e Daniel Knop

 

77      OGNI INIZIO È FACILE

Le pagine per l’acquariofilo marino principiante

Daniel Knop

 

79      BIBLIOTECA

81      CONSIGLI E TRUCCHI

83      NOVITà DAL MERCATO

86      GALLERIA

 

Editoriale

Bisogna ammetterlo, non fanno parte degli ospiti di un acquario di barriera solitamente più amati, e ancora meno possono essere dei “protagonisti”, in ogni caso però, i ricci di mare sono considerati utili collaboratori, dato che vengono impiegati con grande successo come divoratori di alghe. Come nel caso di tutti gli abitanti di un acquario, è richiesta cautela nella “strumentalizzazione”. Similmente a quanto accade con i “divoratori degli anemoni di vetro” o con altri animali, le cui occasionali abitudini alimentari collimano con le aspettative dell’acquariofilo, possono insorgere problemi se ci attendiamo da loro che si alimentino soltanto con quello che ci infastidisce. Se non sono disponibili alternative nutrizionali, l’alimentazione diventerà estremamente monotona, spianando la strada all’insorgenza di carenze. In aggiunta possono facilmente verificarsi effetti tossici, che l’animale attraverso un comportamento nutrizionale variabile normalmente riesce ad evitare, dato che svariati organismi ingeriti possiedono degli inibitori della predazione su basi chimiche. Questa caratteristica vale anche, e forse in maniera particolare, per le alghe. Ho assistito personalmente ad un esempio particolarmente indicativo, quando in un acquario da poco allestito si stavano diffondendo in maniera fortemente marcata le alghe silicee e trovarono impiego due ricci di mare, un Mespilia globulus e un Tripneustes gratilla. Risolsero il problema in apparenza senza fatica, visto che le patinose coperture algali di colore marrone scomparvero nell’arco di pochi giorni. Nulla di strano: non erano, infatti, presenti nella vasca altre alghe, e così gli animali non avevano scelta. I ricci però dopo circa due settimane diventarono apatici, si muovevano appena facendo pendere gli aculei in modo innaturale. Furono successivamente collocati in un’altra vasca dove si ripresero in pochi giorni, comportandosi almeno in apparenza normalmente. Le coperture silicee ripresero allora a crescere rapidamente, rendendo necessario un secondo tentativo di impiego dei ricci, visto che la relazione tra l’insolito comportamento e la dieta a base di alghe non era fino a quel momento molto più di una supposizione. In poco tempo la sintomatica si ripresentò e dopo circa dieci giorni ambedue gli echinodermi erano morti. Tutto questo dimostra quanto le condizioni ambientali artificiali che ricreiamo nelle nostre vasche corrispondano alle necessità vitali di taluni animali da acquario, e quanto sia importante apprendere più informazioni possibili sui bisogni dei nostri ospiti. Nell’acquariologia di barriera avviene anche il contrario, ad esempio con i turbellari. Questi platelminti in alcuni acquari si moltiplicano drammaticamente, senza che sia possibile determinarne con precisione la causa. Almeno nel caso di una specie, pare che nel frattempo siano state individuate indicazioni sui motivi, ma nelle altre si brancola letteralmente nella nebbia. Generalmente si può supporre che le condizioni, nell’ambiente artificiale dell’acquario, siano talvolta veramente favorevoli. Soltanto scoprendo i fattori per loro importanti saremo in grado di influenzare l’ambiente della vasca, in maniera tale da evitare un così elevato incremento della popolazione. Perfino la moltiplicazione degli ectoparassiti, che in condizioni ambientali sfavorevoli colpiscono i nostri pesci corallini, rientra in questa categoria, perché la limitazione volumetrica di un acquario pare giocare un ruolo favorevole per Oodinium e Cryptocarion. In una piccola vasca questo gruppo di parassiti trova molto più facilmente un nuovo ospite rispetto a quanto accada in natura, e appena le condizioni ambientali non sono ottimali per i pesci, il sistema immunitario di quest’ultimi si indebolisce, facilitando l’insorgenza degli organismi patogeni. Su questa base è occasionalmente possibile condurre delle interessanti osservazioni che probabilmente indicano una reazione verso questa innaturale ed elevata densità di parassiti. Talvolta i coralli si trasformano in una “medicina”. Ciò dimostra ancora una volta quanto poco si sappia sulle relazioni tra alcuni organismi marini, in questo caso tra i pesci della barriera e determinati coralli, cosicché è senza meno possibile attendersi delle sorprese.