Che cos’è l’osmosi inversa?

Il principio di un impianto di osmosi inversa è presto spiegato. Abbiamo un contenitore nel quale viene inserita una membrana permeabile solo per le molecole d’acqua. Riempiamo una delle due camere ricavate con acqua marina, l’altra con acqua dolce finché il livello nelle due camere è identico. Dopo un certo periodo possiamo verificare che nella parte che contiene l’acqua marina il livello sale. Le due soluzioni hanno un contenuto salino estremamente diverso e per così dire tendono ad uguagliarlo. Dato che i sali non possono arrivare nell’acqua dolce attraverso la membrana, rimane soltanto una possibilità: dalla parte dell’acqua dolce le molecole d’acqua migrano verso quella marina.

Un impianto di osmosi con cartuccia monouso e riduttore di flusso.

Un impianto di osmosi con cartuccia monouso e riduttore di flusso.

In questo scomparto pertanto salirà il livello, e questo avverrà tanto più quanto più elevata è la differenza di concentrazione: il processo è attivato da una forza definita “pressione osmotica”. Se si volesse nuovamente riportare l’acqua dalla parte originaria, nella camera con l’acqua marina bisognerebbe esercitare una pressione che è maggiore di quella osmotica. Questa inversione del principio osmotico, con la quale si comprime acqua contro una membrana, viene chiamata osmosi inversa. In ogni caso, non opereremo con acqua marina ma con quella di rubinetto. Nel caso dell’acqua marina, i 3-4 bar di resa di pressione con la quale gestiamo i nostri impianti non sarebbero sufficienti: in questo caso infatti bisognerebbe disporre di 60-70 bar. Diamo una occhiata più da vicino ad un impianto di osmosi di questo tipo. Il cuore del sistema è la camera con la membrana installata. Per risparmiare più spazio possibile, la membrana è stata arrotolata su un tubo. In questo tubo centrale arriva l’acqua purificata per essere direzionata verso l’uscita dal contenitore della membrana. Due O-ring (guarnizioni ad anello) sigillano l’uscita dell’acqua pura da quella di scarto, perché ogni impianto di osmosi produce anche acqua reflua. Prima della membrana, infatti, l’acqua viene indurita, dato che la estraiamo ma le sostanze disciolte rimangono. Queste sostanze si arricchirebbero sempre più prima della membrana diventando prima o poi insolubili. Da questo punto di vista risulta piuttosto problematico il calcare. Per mettere in soluzione il carbonato di calcio bisognerebbe trasformarlo attraverso l’aggiunta di anidride carbonica in idrogeno carbonato di calcio: in tal modo l’anidride carbonica potrebbe attraversare la membrana ma non l’idrogeno carbonato di calcio. Se non lo si risciacqua continuamente, quindi, precipita bloccando la membrana.

Valvola di risciacquo o “flow restrictor”?

Riportare in vita una membrana di questo tipo per mezzo di un risciacquo con acido è alquanto impegnativo, spesso più caro dell’acquisto di una nuova. Più la nostra acqua di rete è dura, maggiore sarà l’acqua di scarto prodotta per evitare una precipitazione del calcio. Questa relazione viene regolata attraverso una valvola di risciacquo oppure un “flow restrictor” ovvero un limitatore di flusso. Mentre con la valvola di risciacquo si gira il rubinetto fino a quando si avverte una resistenza, il Flow restrictor è fisso. Se si vuole risciacquare l’impianto è necessario smontare quest’ultimo, mentre la valvola va soltanto aperta.

Il limitatore di flusso chiamato “flow restrictor” per il risciacquo deve essere rimosso.

Il limitatore di flusso chiamato “flow restrictor” per il risciacquo deve essere rimosso.

Quando e quanto spesso risciacquare?

Si consiglia una volta la settimana per circa dieci minuti, ma in pratica probabilmente sono pochi a farlo. Chi ha a che fare con dell’acqua molto dura, però, può aumentare la durata della propria membrana risciacquando l’acqua di scarto dalla membrana dopo l’utilizzo. Successivamente sarà presente della normale acqua di rubinetto rendendo meno problematica una precipitazione del calcare, dato che si trova in un bilanciamento calcio/anidride carbonica. Questo tipo di risciacquo “purtroppo” non è automatizzabile con un prodotto pronto all’uso. Quello che tuttavia si può fare è un regolare e automatico risciacquo inverso. A questo scopo si avrà bisogno di due valvole magnetiche poste in parallelo verso l’ingresso di afflusso e la valvola di risciacquo. Una delle valvole verso l’afflusso e quella verso la valvola di risciacquo vengono gestite da un timer e sono responsabili del processo di pulitura. Attraverso l’altra valvola magnetica, posta nella tubazione di afflusso, viene controllata la normale produzione di acqua di osmosi per mezzo di un misuratore di livello.

La valvola di risciacquo all’interno è leggermente ridotta. Maggiore è la superficie più acqua di scarto viene fatta passare.

La valvola di risciacquo all’interno è leggermente ridotta. Maggiore è la superficie più acqua di
scarto viene fatta passare.

Una valvola magnete dopo il filtro fine

Tutte le valvole magnetiche, e questa è una regola basilare, dovrebbero trovarsi dopo il filtro fine, allo scopo di evitare che possano chiudersi male a causa di particelle di sporco, per esempio dei piccoli frammenti calcarei. In questo senso è assolutamente sconsigliabile collegare un impianto di osmosi direttamente all’acquario attraverso un automatismo di riempimento. Prima o dopo questa valvola magnetica non funzionerà e questo accadrà mentre essa si trova in posizione “aperto”. In questo caso affluirà acqua di osmosi fino a quando qualcuno si accorgerà dell’incidente ponendo termine all’afflusso tramite la chiusura del rubinetto. Nel peggiore dei casi un acquario marino si trasformerà in una vasca di acqua dolce, e l’acqua tracimata devasterà l’abitazione. Il produttore eventualmente sostituirà la valvola magnetica, ma un ulteriore risarcimento dei danni da parte di una assicurazione è dubbio, dato che non bisognerebbe far funzionare senza una sorveglianza neppure una lavastoviglie, come viene spesso opportunamente riferito. Non vogliamo giudicare se questo sia legalmente corretto, ma consigliamo a chiunque di risparmiarsi tali avventure. Persino una valvola magnetica aggiuntiva che, per mezzo di un misuratore di conducibilità, sorveglia il contenuto salino, non offre una assoluta sicurezza, ma è in ogni caso consigliabile a chi non intende rinunciare ad un riempimento diretto.

Le grandi valvole magnetiche chiudono meglio di quelle piccole e possono persino essere installate nei tubi dell’acqua.

Le grandi valvole magnetiche chiudono meglio di quelle piccole e possono persino essere
installate nei tubi dell’acqua.

Il “killer della membrana”

Dato che ci stiamo occupando dei processi meno gratificanti, ecco ancora qualche fattore poco gradito dalle membrane osmotiche. In questo senso andrebbero citate le temperature oltre i 40 °C e il gelo, visto che entrambe le situazioni danneggiano la membrana. La formazione del ghiaccio, inoltre, porterebbe alla rottura del contenitore della membrana. Certo, oggigiorno le membrane vengono fornite a secco, ma una volta umidificate non devono più seccarsi. La degenerazione batterica nelle membrane oggi in uso di Polysulfon/Polyamid, perlomeno per periodi di fermo di qualche settimana, non costituisce un pericolo, e pertanto si può andare in ferie tranquilli. La perenne clorazione costituisce però un problema, e pertanto quale protezione dal cloro si utilizza un filtro a carbone attivo posto prima dell’impianto.

Una membrana aperta di un impianto di osmosi; si riconosce il foglio di copertura, una griglia quale distanziometro per il canale di deflusso e la membrana i cui strati vengono tenuti distanziati da altre griglie. Tra il foglio della membrana fluisce in cerchio l’acqua di osmosi fino ad arrivare al tubo di plastica centrale.

Una membrana aperta di un impianto di osmosi; si riconosce il foglio di copertura, una griglia quale distanziometro per il canale di deflusso e la membrana i cui strati vengono tenuti distanziati da altre griglie. Tra il foglio della membrana fluisce in cerchio l’acqua di osmosi fino ad arrivare al tubo di plastica centrale.

Attraverso il carbone filtrante, infatti, il cloro eventualmente presente viene distrutto. Una occasionale e breve clorazione non arreca tuttavia alcun danno immediato. Ferro e manganese in concentrazioni di oltre 0,2 mg/l, entrambi facilmente presenti nell’acqua di fonte, sono ugualmente dei tipici “killer di membrane”. Come avviene per il calcio, infatti, si arricchiscono nell’acqua di scarto prima della membrana e precipitano altrettanto volentieri quali composti insolubili otturando la membrana. Sporco grossolano o fine bloccano naturalmente anch’essi la membrana. Per questa ragione non si può fare a meno di un filtraggio fine a 5 Ìm di apertura dei pori. Chi ha a che fare con molto sporco grossolano, dovrebbe impiegare in aggiunta un pre filtro da 50 Ìm.

Segue parte 2