La riduzione dei fosfati
Come ultimo punto voglio esaminare la riduzione dei fosfati, e a questo scopo sono disponibili diversi metodi. Il procedimento più vecchio e di routine utilizzato dagli acquariofili è certamente il metodo dell’acqua di calce (acqua calcarea o Kalkwasser). Come rappresentato graficamente nella prima parte di questo articolo, l’idrossido di calcio è la materia prima per la preparazione dell’acqua di calce, ed è in grado di far precipitare i fosfati in acqua marina. Nell’esperimento descritto all’acqua marina è stato aggiunta una concentrazione in uscita di 680 µg/l di acqua di calce. Già due ore dopo, la concentrazione dei fosfati misurava ancora 280 µg/l. Dopo ulteriori dieci ore erano presenti soltanto 80 µg/l. In ogni caso va puntualizzato che in acquario l’acqua di calce fa precipitare soltanto ridotte quantità di fosfati, perché la precipitazione dipende direttamente dalla quantità di acqua di calce che è possibile immettere giornalmente nella vasca, e che per diverse ragioni è limitata. Inoltre sussiste il problema che l’acqua di calce fa precipitare i fosfati, ma il fosforo rimane comunque depositato nella decorazione e nel fondale. Non viene pertanto rimosso dal sistema, ma rimane a disposizione come nutrimento per diverse alghe in grado di sciogliere i fosfati precipitati.

In questo acquario la concentrazione dei fosfati è salita fino a 2,1 mg/l, causando conseguentemente il decesso di una grande colonia di Pocillopora damicornis dal diametro di 30 cm. Foto: D. Brockmann
Questo fatto potrebbe costituire una spiegazione per quanto accade in alcuni acquari dove viene utilizzata acqua di calce e in cui possono comparire delle proliferazioni di alghe, nonostante nella colonna d’acqua siano misurabili soltanto ridotte concentrazioni di sostanze nutrienti (fosfati e nitrati). Il metodo più efficace per asportare i fosfati dal ciclo dei nutrienti consiste nell’impiego dei cosiddetti adsorbitori di fosfati. Servono come mezzo legante nel quale questi si depositano. Per mezzo degli adsorbitori i fosfati vengono realmente asportati dall’acqua. Al contrario dell’acqua di calce il fosforo non si deposita nella decorazione e nel fondale, ma viene “catturato” dagli adsorbitori. In questo modo non rimane disponibile per le alghe dell’acquario. Quanto siano efficienti tali adsorbitori lo dimostra la rappresentazione grafica. Un acquario da 800 litri che presenta una concentrazione di fosfati di 1,9 mg/l è stato trattato con circa 100 ml di “Rowaphos”. Questo prodotto è stato collocato in un sacchetto e posto in un filtro esterno per favorire un efficiente transito dell’acqua. Nell’arco di un giorno la concentrazione dei fosfati nell’acqua dell’acquario si è abbassata fino a meno della metà, dopo una settimana si è attestata ad un valore tollerabile, perlomeno per un breve periodo, di 0,25 mg/l. Dopo 16 giorni la concentrazione dei fosfati era talmente bassa da non costituire più un immediato pericolo per i coralli. In questo metodo è decisivo un corretto impiego degli adsorbitori di fosfati. L’acqua dell’acquario deve fluire attraverso questo materiale adsorbente per far si che questo lavori efficacemente. I sacchetti con gli adsorbitori semplicemente appesi nell’acqua della vasca non mostrano praticamente alcuna efficacia. Portano soltanto, e non sempre, ad una lentissima riduzione della concentrazione dei fosfati. Un parametro di riferimento sulla frequenza di sostituzione di tali materiali purtroppo non esiste.

Coralli molli e pesci sopportano senza problemi una concentrazione di fosfati leggermente superiore ai valori normali. Anche a loro però andrebbero offerte le migliori condizioni di mantenimento e a questo scopo è necessaria una concentrazione che corrisponde a quella degli ambienti naturali. Foto: D. Brockmann
In questo caso è di aiuto una regolare misurazione dei fosfati. Se questi aumentano la capacità adsorbente del materiale è esaurita e esso deve essere sostituito. In alternativa è possibile comparare il valore dei fosfati prima e dopo il passaggio dell’acqua attraverso il filtro. In questa maniera si ottiene una lettura della capacità di assunzione e quindi dello status di saturazione del materiale adsorbente. La soluzione migliore consiste nell’eseguire tale misurazione con il materiale nuovo, per avere successivamente un valore di confronto. Come ultimo metodo per la riduzione della concentrazione dei fosfati voglio esaminare brevemente il dosaggio diretto nell’acquario di alcool (vedi ad esempio Schlüter, 2004). Questo principio si riconduce al fatto che i batteri attraverso l’offerta di una adeguata sorgente di carbonio (l’alcool) vengono stimolati alla riproduzione. Per via dell’incremento della velocità di moltiplicazione (determinati batteri possono scindersi ogni 20 minuti) vengono consumate le sostanze nutrienti, cosa che porta forzatamente ad una diminuzione della concentrazione di fosfati e nitrati. Questo metodo è, a confronto con gli adsorbitori di fosfati, meno controllabile. È stato frequentemente riportato dagli acquariofili che l’utilizzazione di questo metodo ha portato a grandi problemi, persino alla morte di pesci e invertebrati.

La concentrazione dei fosfati (mg/l) col passare dei giorni
L’asportazione dei fosfati dall’acqua marina per mezzo degli adsorbitori di fosfati. Un acquario da 800 litri con una concentrazione di fosfati di 1,9 mg/l è stato trattato con 100 ml di Rowaphos. La concentrazione dei fosfati è stata quindi misurata giornalmente. Grafico: D. Brockmann
Conclusione
I fosfati costituiscono ancora una delle problematiche dell’acquariologia di barriera. Concentrazioni troppo elevate posso portare alla infecondità e nei casi peggiori al decesso dei coralli duri, nei quali il limite di tolleranza dipende dalla specie. Come valore di riferimento in un acquario di coralli duri, secondo la mia esperienza, si può assumere una concentrazione di fosfati minore di 100 µg/l, meglio se intorno a 46 µg/l. Molti pesci e coralli molli paiono tollerare, al contrario, una concentrazione sensibilmente superiore. Suppongo, in ogni caso, che anche i pesci e i coralli molli dovrebbero essere posti in condizioni di mantenimento ottimali, e a questo scopo è necessario un inquinamento da sostanze nutritive ridotto, come quello misurato nei reef corallini.