Famiglia Euphylliidae

La famiglia Euphylliidae comprende tutta una serie di coralli duri a polipo grande molto conosciuti ed apprezzati in acquariologia. Nel genere Euphyllia ne fanno parte E. ancora (corallo martello) come pure E. divisa e E. glabrescens, nel genere Catalaphyllia la monotipica C. jardinei, nel genere Nemenzophyllia l’altrettanto monotipica N. turbida, nel genere Plerogyra la specie P. sinuosa (il “vero” corallo a bolla), e per ultimo nel genere Physogyra la specie P. lichtensteini, che tuttavia spesso risulta distinguibile con gran difficoltà dal vero corallo a bolla. Nella letteratura più datata questi generi in molti casi sono ancora citati con gli altri nella famiglia Caryophyllidae. Una revisione ha portato però ad una scissione in diverse famiglie (vedi il precedente articolo di D. Knop in questo numero), ed oggi l’unica specie zooxantellata dei Caryophyllidae è Heterocyathus aequicostatus. Questo corallo non fa parte in senso stretto, come già citato nell’articolo precedente, degli LPS, perché rimane sensibilmente più piccolo. Una convivenza del tutto insolita lo rende comunque degno di nota: vive prevalentemente come commensale con il verme spruzzatore Aspidosiphon corallicola, che lo trasporta avanti e indietro sopra al substrato molle evitando di essere ricoperto dai sedimenti. Mantenere in acquario una comunità di questo tipo sarebbe certamente molto interessante ed è, perlomeno per me, un sogno ancora non realizzato, perché purtroppo non ho mai visto in commercio H. aequicostatus. I coralli dei generi Euphyllia e Catalaphyllia secondo me fanno parte di quelli duri a polipo grande più delicati. Entrambi reagiscono molto sensibilmente ai danni da trasporto.

Il corallo martello (euphyllia ancora) variante verde.

Il corallo martello (euphyllia ancora) variante verde.

Se i carnosi polpi subiscono danni durante il trasporto, per esempio perché il sensibile tessuto viene ferito dai setti calcarei a causa del rotolamento nel sacchetto di imballaggio, non di rado si verificano poi infezioni che distruggono l’intero polipo. Durante l’acquisto di coralli di questi generi è pertanto assolutamente necessario controllare l’integrità del tessuto del polipo, allo scopo di evitare una perdita. Un ulteriore problema è rappresentato dalle alghe endolitiche che vivono nello scheletro di Euphyllia e Catalaphyllia. Si tratta di alghe verdi perforanti che praticamente crescono attraverso lo scheletro in direzione del polipo. Se dopo essersi insinuati nello scheletro raggiungono il tessuto vivente, questo si distacca; il polipo lascia lo scheletro e muore. La regola base pertanto, consiste nel ricreare le migliori condizioni possibili per il corallo e al contempo le peggiori per l’alga. Questo significa che la concentrazione delle sostanze inorganiche (tra le altre nitrati e fosfati) devono essere estremamente ridotte. Delle tre specie Euphyllia sin qui descritte E. glabrescens presenta il territorio di diffusione più vasto: a ovest delimitato dal Mar Rosso, ad est dalle isole Marshall e dalle Samoa. L’area di diffusione di E. ancora e E. divisa invece è sensibilmente limitato. Si estende all’incirca dalle Maldive fino al Giappone (E. ancora), dall’Indonesia, Papua Nuova Guinea e le Filippine (E. divisa). Va altresì citato che E. ancora, nelle acque basse sui substrati orizzontali al riparo dal moto ondoso, può svilupparsi creando estese monocolture di diversi metri quadri. Catalaphyllia jardinei viene in altre lingue talvolta offerto come “corallo cristallo (Kristall corall). Questo determina spesso confusione, perché lo stesso appellativo viene utilizzato anche per Galaxea fascicularis (famiglia Oculinidae), che inoltre viene chiamato corallo a stelline e che non fa parte di quelli LPS. Per evitare tale stato confusionario in questa sede mi avvarrò esclusivamente della denominazione scientifica. Il territorio di diffusione di C. jardinei si estende dall’Africa orientale ad ovest fino all’incirca alle isole Figi ad est. Anch’essa nel reef predilige biotopi protetti, di frequente habitat con una elevata concentrazione di sostanze organiche (da non confondere con quelle inorganiche, nitrati e fosfati), come le praterie di piante marine e le lagune. Al contrario di Euphyllia e Catalaphyllia, Nemenzophyllia turbida, nonché i coralli a bolla Plerogyra e Physogyra, sono degli ospiti molto durevoli che si possono consigliare anche ad un neofita del nostro hobby. Entrambi i coralli tollerano un’ambio spettro di condizioni di mantenimento, da un’acqua povera ad una ricca di sostanze nutrienti, intensità di illuminazione elevate o deboli come pure correnti deboli o moderate. Soltanto una circolazione spiccatamente intensa e turbolenta non è gradita. In questo caso i coralli non si aprono completamente, e sussiste inoltre un elevato rischio di ferita per il tessuto dei polipi. Nemenzophyllia turbida evidenzia una zona di diffusione piuttosto limitata. La si trova da Sumatra ad ovest fino alle Salomone ad est. Nel reef corallino predilige aree riparate dove può formare enormi colonie con diversi metri di diametro. In acquario cresce meglio se collocata in modo da potersi estendere in tutte le direzioni. Se posta in questo modo tra la decorazione, sviluppa magnifiche colonie, talvolta a forma di meandro che anche in acquario possono raggiungere notevoli dimensioni. In ogni caso, cresce solo lentamente. Durante l’acquisto è importante prestare attenzione affinché la colonia sia sana. A volte vengono importati esemplari di Nemenzophyllia nelle quali il tessuto del polipo ha subito ferite durante la separazione dalla colonia. Certo tali ferite possono rimarginarsi, se le condizioni dell’acquario sono ottimali, ma sussiste sempre il rischio che tali esemplari possano degenerare e alla fine soccombere. Per questa ragione, in particolar modo l’acquariofilo di barriera principiante dovrebbe evitare l’acquisto di questi esemplari. La diffusione dei diversi coralli a bolla (specie Plerogyra e la monotipica Physogyra lichtensteini) si estende molto oltre l’Indopacifico, dal Mar Rosso ad ovest fino alle isole Marshall ad est. In particolare i coralli a bolla del genere Plerogyra fanno parte, fin dagli inizi dell’acquariologia con invertebrati durante gli anni 70’, dei coralli LPS più apprezzati. Già allora, oggi si direbbe, “all’età della pietra dell’acquariologia di barriera”, si registravano molti successi nel loro mantenimento. Mi ricordo di una colonia, che allora avevo nel mio acquario, una vasca da 240 litri illuminata con lampade fluorescenti T8 (luce diurna e blu). La sua gestione era piuttosto semplice: un piccolo schiumatoio a controcorrente e due pompe da circolazione ciascuna da 1000 l/h, controllate da timer.

Catalaphyllia jardinei

Catalaphyllia jardinei

L’acqua evaporata veniva solo in parte rimpiazzata con quella calcarea. Ad ogni modo, il corallo a bolla cresceva in modo eccezionale senza somministrazioni aggiuntive di alimento e, quando qualche anno dopo traslocai, aveva esteso il suo scheletro sopra alla decorazione e vi si era ancorata. Questo esempio dimostra che i coralli a bolla anche con condizioni semplici crescono bene e possono formare grandi colonie. In questo modo presto o tardi ci si dovrà confrontare con un problema: i coralli a bolla formano, come molte altre specie coralline, i cosiddetti tentacoli da combattimento. In questo caso si tratta di tentacoli sottili, che per la Plerogyra sinuosa posso raggiungere i 15 cm ed oltre di lunghezza. Questi tentacoli sono densamente equipaggiati di capsule contenenti un veleno urticante molto forte. Con tale tentacolo “tastano” l’ambiente circostante sai di giorno sia di notte, per sopprimere i concorrenti per lo spazio, vale a dire gli altri coralli mantenendoli in questo modo a distanza dal substrato colonizzabile. Il corallo a bolla è un maestro i questo tipo di guerra per il substrato. Il suo veleno urticante è così forte che praticamente tutti gli altri coralli, polipi incrostanti e corallimorfari in caso di contatto frequente vengono eliminati. In acquari è pertanto necessario osservare una distanza di sicurezza sufficiente da altri invertebrati, allo scopo di evitare la perdita degli animali vicini. A parte questa limitazione, i coralli a bolla possono essere mantenuti praticamente in ogni acquario per invertebrati. I coralli a bolla presentano due diversi aspetti. Di giorno il corallo è fittamente coperto da bolle, la cui grandezza e forma dipende dalla specie. Nel tessuto delle bolle si trovano grandi quantità di zooxantelle, circa 9-14 milioni/cm3 (Sorokin, 1995). Si suppone che i coralli formino le bolle per estendere verso la luce la maggior superficie possibile, una sorta di serra per le alghe. In questo modo si otterrebbe un rateo di fotosintesi delle zooxantelle ottimale, assicurando la nutrizione dei polipi del corallo attraverso i prodotti resi disponibili dalla fotosintesi. Di notte al contrario le bolle lasciano il posto ad innumerevoli tentacoli lunghi 1-2 cm, con i quali il corallo cattura il plancton dall’acqua.

Maggiori informazioni sull’argomento nel numero 51 di CORALLI e nello Speciale numero 5

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