Uno scambiatore di ioni installato dopo l’impianto di osmosi
La maggior parte degli ioni vengono trattenuti dagli impianti di osmosi nella misura del 97-99 %. Esistono però anche degli ioni molto piccoli, come quelli dei nitrati o dei silicati, e qualcuno di questi “scivola” volentieri attraverso l’impianto. Se nell’uscita dell’acqua pura ci si vuole liberare anche di questi resti, dopo l’impianto di osmosi si può installare un demineralizzatore completo, che ridurrà ulteriormente la conducibilità a seconda del rateo di flusso. Quasi sempre si tratta di un letto di resine monouso che dopo l’esaurimento vanno gettate. Con mezzo litro di resina si possono demineralizzare circa 1.000 – 1.500 litri di acqua di osmosi. Non bisognerebbe tuttavia riempire troppo il contenitore per la resina dato che questa di regola si gonfia leggermente: se ne è stata inserita una quantità eccessiva essa potrebbe impedire il flusso dell’acqua.
Di frequente questa resina viene utilizzata in cartucce di ricambio da inserire in un contenitore da 10 pollici. Negli impianti di osmosi con oltre 150 litri di resa giornaliera, per una demineralizzazione completa consiglio l’impiego di due cartucce installate dopo l’uscita. Da un lato in questo modo il percorso attraverso la resina viene allungato migliorando la qualità dell’acqua, dall’altro lo scambiatore potrà essere sfruttato in maniera più completa. Si rinnoverà la resina soltanto nel primo contenitore, ma si posizionerà la cartuccia nella seconda postazione, perché quando misurerete un aumento della conducibilità, dei nitrati o dei silicati, quella che in precedenza era la seconda cartuccia sarà stata perlopiù consumata per due terzi. Chi è provvisto di un solo filtro di demineralizzazione, quindi, ad ogni sostituzione regalerà sempre un terzo di resina non sfruttata. Al posto del demineralizzatore si potrebbero teoricamente adoperare delle cartucce riempite con carbonato di calcio poste nell’uscita dell’impianto di osmosi e indurire nuovamente l’acqua con l’aggiunta di anidride carbonica. Nell’acqua marina è però poco utile: abbiamo infatti le nostre miscele di sale che contengono tutte le sostanze vitali. Nei sali marini oggi solitamente arricchiti di calcio per gli acquari di barriera questo sarebbe addirittura controproducente. Le precipitazioni di calcio e l’intorbidamento potrebbero essere le conseguenze.
Impianto di osmosi o scambiatore di ioni?
Alla domanda che spesso viene posta “è meglio lo scambiatore di ioni o l’impianto di osmosi inversa?” non posso rispondere in maniera valida per tutti, dato che si tratta di metodi diversi con risultati non identici e pertanto con condizioni non propriamente confrontabili. Lo scambiatore lavora con soluzioni acide o a base di cloruro di sodio, situazione più pericolosa, perlomeno nel caso dell’acido e delle soluzioni impiegate, e in ogni caso meno ecologica. Con un impianto di osmosi, invece, si produce più acqua di scarto, che comunque può essere anche sfruttata in altro modo: personalmente la uso per irrigare il giardino. Esiste tuttavia una ulteriore differenza: gli impianti di osmosi funzionano lentamente, spesso solo goccia a goccia. Chi durante il fine settimana volesse sostituire 500 litri d’acqua, dovrà tenere sempre in funzione l’impianto di osmosi. Non si potrà fare a meno di un serbatoio di scorta, possibilmente uno che non ceda sostanze tossiche. Quanto debba essere grande dipende dalla necessità d’acqua. Se si vuole evitare che il serbatoio prima o dopo tracimi, si avrà bisogno di un automatismo di esclusione. Come già citato, si inserisce nell’afflusso dell’impianto di osmosi, dopo il filtro fine, una valvola magnetica e la si aziona attraverso un controllo elettronico che per esempio rileva il livello dell’acqua nel serbatoio per mezzo di un galleggiante.
Il problema delle “mini quantità”
Se ad ogni prelievo si consumano grosse quantità d’acqua, è sufficiente un solo galleggiante. Chi però compensa tramite una pompa le piccole quantità d’acqua evaporate direttamente nell’acquario, potrà eventualmente prelevarne un solo litro, forse anche meno, e questa mini quantità viene subito rimpiazzata dall’impianto di osmosi. La prima acqua che esce da un impianto di osmosi dopo uno spegnimento prolungato non è però qualitativamente molto buona, e pertanto bisognerebbe produrne almeno 10 litri consecutivi. I regolatori di livello con due galleggianti risolvono questo problema. Uno è posto in alto e spegne l’impianto quando il serbatoio è pieno, l’altro si trova al centro e consente l’apertura della valvola magnetica per la produzione dell’impianto di osmosi quando il recipiente è vuoto almeno per metà. In questo modo l’impianto produrrà in una volta la metà del volume del serbatoio.
I batteri
Quali utilizzatori di un impianto di osmosi non dovremmo dimenticare una cosa: questi serbatoi possono diventare dei veri moltiplicatori di batteri, soprattutto quando sono completamente aperti. Nell’acqua stagnante che oltretutto viene regolarmente “nutrita” con polvere, mosche e altro materiale organico, il numero dei germi aumenta rapidamente. Dato che quest’acqua sarà successivamente miscelata dall’acquariofilo con il sale o con l’acqua marina, tale quantità sarà nuovamente ridotta, in ogni caso, è consigliabile una pulizia del serbatoio almeno una volta l’anno. In alternativa si può installare un impianto germicida UV attraverso il quale pompare giornalmente l’acqua per qualche ora.

Il tubo dell’acqua di scarto non deve essere inserito direttamente nello scarico, perché altrimenti dei batteri possono migrare dal basso fino all’impianto di osmosi. L’acqua deve sempre defluire liberamente senza un contatto diretto ed è preferibile fissare il tubo.
Anche gli impianti di osmosi possono riempirsi di batteri. Un regolare risciacquo oppure un piccolo impianto UV posto a valle aiutano a mantenere sotto controllo i batteri. In nessun caso dovreste porre il tubo dell’acqua di scarto di un impianto di osmosi direttamente nello scarico di un lavandino: in questo caso, infatti, i batteri possono risalire nel tubo fin verso l’apparecchio. L’acqua di scarto deve sempre poter scorrere libera, senza un contatto diretto con lo scarico! Certamente fino ad oggi non si è ancora studiato quanto tali batteri possano costituire un problema per l’acquario marino, ma sarebbe comunque preferibile tenere questo aspetto sotto controllo. Se utilizzate l’acqua di osmosi anche per bere, senza farla preventivamente bollire, dovrete limitare in ogni caso il numero dei batteri, perché altrimenti potreste avere problemi intestinali.
La durata della membrana
Ci si chiede spesso quando e con che frequenza sostituire la membrana. Una membrana si sostituisce soltanto quando cala la produzione di acqua pura oppure il valore di conducibilità sale sensibilmente. Chi non possiede un misuratore di conducibilità, potrà misurare la durezza totale o quella carbonatica, e questo test deve cambiare di colore con la prima goccia. Per quanto concerne la sostituzione del prefiltro, la risposta è meno univoca, perlomeno nel caso delle cartucce monouso. Si potrebbe naturalmente aspettare fino a quando si otturano, ma in questo caso la membrana non ne trarrà benefici. Di regola lo si sostituisce una volta l’anno. I migliori sono i prefiltri con un contenitore da 10 pollici. Questi contenitori sono apribili per ispezionare le cartucce filtranti. Se sono intensamente annerite o piene di sedimenti, è necessario sostituirle. Esistono anche dei filtri combinati che in questo caso sono filtro fine e filtro a carbone. Nel caso delle cartucce monouso il filtro fine è comunque sempre posto prima di quello a carbone, altrimenti quest’ultimo si otturerebbe con facilità. Quando si aziona un impianto di osmosi nuovo oppure è stato sostituito il filtro a carbone, bisognerebbe per prima cosa sciacquarlo prima di collegarlo con la membrana perché altrimenti della polvere di carbone potrebbe otturare la membrana.

