Schiumazione
La schiumazione negli ultimi decenni è diventata la base del trattamento dell’acqua nell’acquariologia marina, e a tale riguardo esistono svariate procedure. Unitamente all’originario processo a corrente e a controcorrente con diffusori ad aria in legno di tiglio, si sono sviluppati nel frattempo i metodi più diversi: la schiumazione con l’ausilio della pressione di pompe, con valvola Venturi, girante sottile o a spazzola, o simili. Anche il consumo energetico è però altrettanto vario quanto i metodi di schiumazione; dal modello a risparmio fino allo schiumatoio ad alta resa divoratore di energia, tutto è disponibile. A questo riguardo un sistema che riesce ad ottenere una resa di schiumazione veramente efficace è il “downdraft stimme”, realizzato un buon decennio or sono negli USA e presentato ai lettori di CORALLI come “schiumatoio a cascata”. L’efficienza d questo tipo di apparecchio, se correttamente installato e regolato, è talmente alta che perfino le più ridotte concentrazioni di sostanze superficialmente attive vengono rimosse dall’acqua. Se ciò sia desiderabile per tutti gli invertebrati mantenuti è dubbio, ma è necessario puntualizzare in questa sede che tale procedimento, a causa della pompa di spinta che muove l’acqua verso il margine superiore del tubo di caduta, richiede un enorme impiego energetico. Dato che la schiumazione deve essere espletata in modo continuativo, costituisce un punto saliente per delle effettive misure di risparmio.

Anche il produttore Tunze, che si avvale del concetto “ecoenergetico”, dispone di un sistema di schiumazione ottimizzato: “Hydrofoamer Silence”. Il suo segreto sta in una speciale pompa Venturi (Dispergator) con un’ottima resa. Il “Dispergator” rende possibile una grande quantità di aria con bolle molto fini; il motore ad alta resa ha bisogno solo di 11 W per 600 l/h di resa d’aria o di 15 W per oltre 1.000 l/h. Ciò consente a questo sistema di risparmiare energia.
E’ opportuno in altre parole avvalersi in questo campo di procedimenti più economici in maniera molto più efficiente rispetto ai dispositivi che funzionano solo per un terzo o per la metà della giornata. Nel frattempo alcuni produttori offrono schiumatoi che lavorano con una frazione della corrente consumata da un modello ad alta resa e ad alta intensità energetica. Bisogna inoltre chiedersi, e per di più in maniera del tutto specifica per ogni acquario, a seconda di ciascuna popolazione di animali, quanto intensa debba essere la schiumazione, qualora l’obiettivo sia un equilibrato mantenimento degli animali. È scontato che alcuni pesci corallini come quelli della sottofamiglia Anthiinae hanno bisogno di acqua pulita e ricca di ossigeno. Ma è altrettanto scontato che per ogni filtratore, dal verme tubicolo alla spugna, fino all’ascidia di mare, e in alcuni casi anche per i coralli, lo schiumatoio, accanto agli effetti positivi che senza dubbio ha, costituisce anche una concorrenza nutrizionale. Per questa ragione non bisognerebbe sempre agire in base al principio “di più è meglio”, ma scegliere con attenzione la scala di resa dello schiumatoio adattandola alla propria comunità di animali. Una schiumazione eccessiva non è sempre desiderabile e utile, come dimostrano anche le discussioni via internet degli acquariofili statunitensi già pochi anni dopo l’introduzione dello schiumatoio a cascata: in molte vasche gestite con questo apparecchio alcuni coralli, generalmente considerati facili da mantenere, tendevano a degenerare diventando difficili da insediare.
Illuminazione
Nell’illuminazione dell’acquario si concentra una gran parte dell’impiego energetico delle vasche di barriera, e pertanto essa offre anche una buona partenza per risparmiare energia. Insieme alle lampade alogene ai vapori metallici e a quelle fluorescenti, che si sono saldamente inserite nell’acquariologia marina, esistono anche altri mezzi idonei di illuminazione, che però fino ad ora non sono ancora riusciti ad imporsi veramente. Tra questi soprattutto i diodi che emettono luce, i LED, presentati alcuni anni fa come l’illuminazione del futuro per gli acquari marini, ma anche i diodi organici emettitori di luce, gli OLED, ai quali oggigiorno viene attribuito un brillante avvenire. Il grande progresso a largo spettro è fino ad ora stato precluso ai LED inorganici, nell’acquariologia come nella vita quotidiana giornaliera, dove anche oggi sono presenti solo eccezionalmente. I LED vengono attualmente utilizzati soprattutto come segnalatori e per l’illuminazione ad effetto. Tutto questo, ad ogni modo, potrebbe ben presto cambiare grazie allo sviluppo dei Power LED, dato che in questo campo esistono naturalmente ulteriori sviluppi dell’industria, che in futuro potrebbe avere benefici anche nel campo dei prodotti acquaristici. In ogni caso, è necessario essere molto precisi nel giudicare una resa, perché alcune indicazioni si rifanno a misurazioni da laboratorio, per esempio condotte non con le consuete temperature di esercizio di ogni giorno o sotto altre condizioni, non compatibili con una durata ottimale dei LED. Bisogna altresì considerare che l’indicazione di luminosità emessa dipende enormemente dal campo spettrale prodotto; i LED verdi e rossi raggiungono un valore sensibilmente maggiore rispetto a quelli blu, e confrontando elementi LED diversi deve essere impiegato un campo spettrale identico.
Wikipedia indica, per i LED con 6000 K una emissione luminosa fisica massima, vale a dire teoricamente raggiungibile, di 350 lm/W, e Helgo Feige indica per i LED a luce diurna un livello massimo fisico di 225 lm/W. Proprio negli ultimi mesi si è evidenziato un notevole progresso nello sviluppo dei LED. I cosiddetti “Power-LED”, ovvero diodi luminosi, che non si collocano nell’area dei diffusi e ridotti wattaggi, ma per esempio tra 20 e 100 W, potrebbero in futuro rivoluzionare l’impiego dei LED nell’acquariologia marina. Quale attuale detentore di record, Wikipedia cita un elemento Power LED del produttore Nichia con 160 lm/W, disponibile dal maggio del 2009, che produce luce bianca, Molti dei LED a basso wattaggio comunemente in commercio si collocano tuttavia ancora tra 30 e 80 lm/W. Per un confronto si consideri che le lampade ad incandescenza e quelle alogene producono tra 13 e 17 lm/W, le lampade a fluorescenza tra 50 e 70 lm/W (incluse le perdite da ombreggiamento, riflessione e da accenditori).
La regolamentazione dei brevetti
Fortunatamente il regolamento europeo relativo ai brevetti differisce da quello statunitense e non attribuisce diritti a colui che deposita per primo un brevetto, ma solo a colui che prova una invenzione. Negli USA le cose funzionano diversamente: se un procedimento da brevetto non è protetto, ma viene impiegato da anni, si può brevettare evitandone l’uso da parte di altri. Questo rende possibile una enorme competizione creando a volte monopoli e causando in questo modo il blocco di altri sviluppi tecnici. Un esempio a tale riguardo è proprio l’impiego del LED, perché il brevetto statunitense 7473008 del 2007 (che comunque si riferisce al brevetto 7220018 del 2004), tutela l’impiego dei diodi emettitori di luce per gli acquari in determinate condizioni per un certo richiedente. Il detentore di brevetto di una azienda chiamata Orbitec in passato lo ha difeso legalmente, anche con grande veemenza, contro i produttori di illuminatori a LED nell’acquariologia, senza badare alle perdite. Questo fatto ha rallentato gli ulteriori sviluppi nell’illuminazione a LED per acquari non solo nel mercato statunitense, ma ultimamente ha complicato la vita anche ai produttori europei, perché questi possono espandersi solo limitatamente nel mercato americano.
Maggiori informazioni sull’argomento sono disponibili nel Nr. 57 di CORALLI

