I movimenti natatori degli animali marini possono contribuire ad un sostanziale rimescolamento dell’acqua marina? Di questo sono convinti almeno i ricercatori statunitensi Katija Kakani e i suoi colleghi dell’Istituto californiano per la tecnologia di Pasadena. Questa idea non è propriamente così nuova, perché oltre 50 anni fa questa teoria curiosamente era già stata proposta e formulata da un nipote del leggendario studioso dell’evoluzione Charles Darwin. In ogni caso, era stata ritenuta così improbabile da non occuparsene a livello scientifico. È stato fatto proprio questo da Katija Kakani e i suoi colleghi che sono arrivati a delle sorprendenti conclusioni. I ricercatori americani hanno voluto approfondire il problema facendo gocciolare direttamente davanti ad una medusa che nuotava del colore fluorescente. Con loro sorpresa i vortici erano sensibilmente maggiori di quanto era lecito attendersi.

I movimenti natatori degli animali marini servono a mescolare in maniera significativa l’acqua del mare e quindi il gas CO2 che ha effetti sul clima, trasportandolo nelle profondità?
“Quando nell’acqua un corpo si muove rapidamente in avanti, smuove il liquido davanti a sè”, spiega la ricercatrice “In questo modo dinanzi al corpo si crea una zona ad elevata pressione d’acqua, mentre dietro si produce una aspirazione. In questa zona con ridotta pressione confluisce l’acqua circostante per compensarla. Ogni corpo che nuota in questo modo attira acqua dietro di sè, fintanto che rimane in movimento”. Fino ad ora si era supposto che il movimento della massa d’acqua si limitasse all’ambiente prossimo al corpo che nuota, e questa può essere estremamente ridotta. In questo modo, anche l’effetto di movimento sarebbe ridotto ad una piccola zona. È però un dato di fatto che persino una medusa che nuota tira dietro di sè una “coda” di un metro creata dall’aspirazione. In questa maniera a livello orizzontale viene mossa molta più acqua che nelle dirette vicinanze dell’animale. “Ogni notte si muovono Krill, meduse e innumerevoli altri abitanti marini negli strati d’acqua superiori dove si nutrono”, spiega Katija Kakani, “per poi scendere di nuovo a circa 500 metri di profondità”. Lei e i suoi colleghi hanno fatto un semplice calcolo, stimando grandezza e numero degli abitanti marini come pure la lunghezza dei loro spostamenti giornalieri ed estrapolando il movimento d’acqua causato. Il risultato ha sorpreso tutti i partecipanti, perché in seguito a questi calcoli gli effetti avevano una grandezza paragonabile a quella dei venti e delle onde. I movimenti d’acqua negli oceani costituiscono il più grande impianto di climatizzazione del nostro pianeta, che distribuisce il calore in tutto il mondo e apparentemente viene tenuto in moto in misura molto più intensa dagli abitanti marini rispetto a quanto fino ad oggi supposto. Se questo dovesse essere confermato, allora la migrazione degli abitanti marini giocherebbe un ruolo importante nel trasporto della CO2 a grandi profondità marine, un ulteriore importante argomento contro l’eccesso di pesca nei mari del mondo.
