Negli ultimi dieci anni gli adsorbitori di fosfati si sono imposti sempre di più come base per l’acquariologia marina. Nella parte precedente di questa rubrica ci siamo occupati sostanzialmente dei fosfati e della loro misurazione in acquario, in questa vi presenteremo i due diversi leganti per fosfati che possono essere consigliati al principiante.

Per prima cosa una domanda: perché si chiamano adsorbitori e non assorbitori? Semplicissimo, visto che tra i due processi sussiste una sostanziale differenza: assorbire significa “assumere in se”, mentre adsorbire sta per “immagazzinare, trattenere”. La foglia verde di una pianta assume in se stessa energia luminosa (assorbire), invece il carbone attivo o i leganti per fosfati in acquario immagazzinano solo le sostanze estranee nelle loro strutture (adsorbimento). In sostanza sono note tre sostanze adatte a legare i fosfati in acquariologia marina. Una di queste, il cloruro di lantanio, è però consigliabile soprattutto per i grandi acquari. L’impiego del cloruro di lantanio richiede un equipaggiamento tecnico particolare e molta esperienza. Per gli acquari di barriera di grandezza comune dovrebbero essere utilizzati l’ossido di ferro oppure i leganti a base di idrossido di ferro o ossido di alluminio.

Un adsorbitore di fosfati a base di ferro.

Un adsorbitore di fosfati a base di ferro.

Leganti a base di ossido di ferro o idrossido di ferro

Principio di funzionamento di un filtro a letto solido.

Principio di funzionamento di un filtro a letto solido.

I leganti a base di ferro sono dei granulati di un colore che va dal rosso marrone fino al nerastri nerastro. Si presentano porosi e sono provvisti di una grande superficie interna. Su tutta questa superficie si depositano i fosfati. In ogni caso, questo comportamento di adsorbimento non è specifico, perché anche innumerevoli altre sostanze vengono immagazzinate, ad esempio il rame, il nickel, il cobalto, lo zinco o il manganese. Pare abbia luogo, sulla superficie di adsorbimento, persino una certa precipitazione di carbonato di calcio, e le osservazioni depongono a favore del fatto che, in una vasca di barriera con intenso impiego di questi leganti di fosfati a base di ferro, aumenta la precipitazione del carbonato di calcio, cosa che non porta soltanto alla perdita di ioni di calcio, ma potrebbe ridurre anche la durezza carbonatica. In acquariologia marina questo materiale, che trova impiego di frequente anche nella preparazione dell’acqua potabile, è l’adsorbitore più utilizzato. I leganti a base di ferro possiedono una modesta solidità propria e possono, se i granuli sfregano tra loro, “sbriciolarsi” in un finissimo sedimento. In questo caso essi colorano l’acqua di rosso (ferro) e si depositano nell’acquario in zone povere di corrente, fintanto che non vengono rimossi dall’acqua attraverso il filtro o lo schiumatoio, dove si raccolgono sotto forma di melma o detriti. Qui legano i fosfati, in altre parole costituiscono un deposito di ossido di ferro e fosfati. Questi depositi nelle condizioni dell’acquario non entrano in soluzione, ma talune alghe sono in grado di produrre delle secrezioni acide nei loro rizoidi radicolari con le quali non possono portare in soluzione solo i depositi di fosfati, ma probabilmente anche il ferro. Pertanto andrebbe assolutamente evitata la formazione di questi accumuli. A causa della ridotta solidità propria e della tendenza a creare abrasioni, questo tipo di legante per fosfati non è ottimale per un filtro a letto fluido. È preferibile collocarlo in uno scomparto fisso, nel quale i granuli rimangono immobili, mentre l’acqua viene fatta transitare per aspirazione o pressione. In ogni caso il materiale deve essere precedentemente ben risciacquato, perché i residui abrasi possono ugualmente formare i fini sedimenti sopra descritti.

Leganti di fosfati a base di ossido di alluminio

I leganti per fosfati a base di ossido di alluminio sono sostanzialmente dei granulati nei quali si depositano (adsorbono) i fosfati disciolti nell’acqua. Il legame degli ioni di fosfato a carica negativa con quelli positivi dell’ossido di alluminio è stabile, sicché i fosfati, nelle condizioni dell’acquario, non vengono più rilasciati. La problematica di questo materiale adsorbente nell’acqua marina sta soprattutto nel fatto che, con valori molto alti di pH, può andare in soluzione in ridotta quantità, portando ad un arricchimento di ioni di alluminio nell’acqua dell’acquario, che però non sono rilevabili attraverso i metodi di misurazione disponibili in acquariologia. Chi volesse evitare qualsiasi rischio può far fluire sul granulato l’acqua di uscita di un reattore di calcio funzionate con CO2, perché il suo valore di pH è minore di quello dell’acqua dell’acquario. Principalmente questo materiale è piuttosto adatto ad un filtro a letto fluido, dato che anche in queste condizioni non viene abraso. Ad ogni modo, non bisognerebbe utilizzarne troppo in una sola volta; sono sufficienti circa 500 ml per 1.000 litri di volume, e per sicurezza si dovrebbe sempre iniziare con un dosaggio più ridotto.

Un adsorbitore di fosfati a base di alluminio

Un adsorbitore di fosfati a base di alluminio

Controllare l’efficacia

Principio di funzionamento di un filtro a letto fluido.

Principio di funzionamento di un filtro a letto fluido.

L’efficacia della filtrazione dei fosfati andrebbe costantemente controllata. Non è una verifica importante solo all’inizio, quando si comincia ad utilizzarla e ci si vuole accertare che i fosfati vengano effettivamente trattenuti. Anche in seguito questo test va fatto con regolarità, per essere certi che il materiale non si sia ancora saturato. Se ci si accorge di questo da una crescita algale in aumento, si avrà di fronte proprio il problema che si stava cercando di evitare. In pratica la prova del funzionamento è piuttosto semplice, perché non dovrete fare altro che confrontare il contenuto dei fosfati all’uscita del filtro con quelli presenti nell’acquario. Nella pratica ciò può rivelarsi complicato quando la differenza è estremamente ridotta, sicché la leggibilità di una scala cromatica comparativa non basta per rilevare una differenza. Per questa ragione bisognerebbe documentare il valore misurato con una data, affinché possa essere identificato un incremento. Potete marchiare anche il materiale di un legante di fosfati appena impiegato, ad esempio con un segno sul calendario. In questo modo, oltre ai valori misurati, avrete delle indicazioni sulla durata media del materiale filtrante e potrete stimare con buona approssimazione quando sarà giunto il momento di sostituirlo. In alternativa potete cambiarlo sempre ad intervalli determinati durante l’anno. Nella parte successiva di questa rubrica potrete leggere quello che bisogna sapere sui depositi di fosfati in acquario.