Dopo esserci occupati della misurazione dei fosfati e del materiale per legarli, questa volta esamineremo il ruolo relativo deposito dei fosfati in un acquario di barriera.
In questo articolo esamineremo sia le vitali funzioni dei fosfati per gli animali marini sia gli effetti negativi che possono avere delle concentrazioni innaturalmente elevate in un acquario di barriera. In particolare, inibiscono la crescita dei coralli, e favoriscono le fastidiose piaghe algali. Non è tuttavia sufficiente misurare la concentrazione di questa sostanza nell’acqua dell’acquario e impiegare i leganti per fosfati. È importante sapere che nell’acquario si formano continuamente dei depositi di fosfati che quindi aumentano, e si tratta di uno sviluppo al quale bisognerebbe contrapporsi fin dall’inizio. A riguardo minimizzare l’apporto dei fosfati (ad esempio attraverso un accurato risciacquo dei mangimi congelati) è importante quanto un adeguato trattamento dell’acqua e un efficace utilizzo di un adsorbitore di fosfati. Tutto questo non costituisce certo una novità neppure per il principiante, anche il fatto che bisognerebbe assolutamente evitare di impiegare, durante l’allestimento della vasca, le rocce decorative di un acquario dismesso, perché in questo modo si introdurrebbe nell’acquario un deposito di fosfati. Molti acquariofili con una vasca di barriera molto giovane sono contenti del ridotto contenuto di fosfati misurati.

Il fondale di un acquario di barriera invecchiato costituisce un imponente deposito di fosfati.
Quello che però forse non sanno, è che i fosfati che si formano non rimangono a lungo nell’acqua, perché la sua nuova decorazione rocciosa e la sabbia corallina sul fondo offrono molteplici superfici calcaree sulle quali i fosfati possono precipitare. Ovunque si formano dei veri e propri depositi di fosfati, nei quali, tra l’altro, si produce il fosfato di calcio. In un certo senso, tutto il materiale decorativo calcareo costituisce una sorta di “adsorbitore di fosfati”, anche se in maniera non voluta. Questa circostanza da sola non sarebbe un problema, se questo processo non fosse anche reversibile. In altre parole questi fosfati possono in un secondo tempo tornare in soluzione, e lo fanno forzatamente quando se ne ridurrà il contenuto nell’acqua. Questo può avvenire per mezzo di cambio parziale dell’acqua o con un mirato impiego di un adsorbitore di fosfati, entrambi possono ridurre la concentrazione nell’acqua, che però tenderà nuovamente ad aumentare nell’arco di pochi giorni per via della liberazione dei depositi. È quindi necessario tenere sempre presente che tutti i nostri materiali calcarei nell’acquario costituiscono dei “leganti per fosfati”, che inizialmente ci traggono in inganno circa la quantità complessiva di questi composti nell’acquario (dato che non possiamo misurare i fosfati precipitati). In seguito, quando tutta la superficie calcarea si p più o meno saturata, i depositi aumenteranno solo lentamente. Di conseguenza rimarrà disciolta nell’acqua una più alta concentrazione di fosfati, e misureremo un graduale incremento degli stessi. La ragione non sta in un maggiore apporto di mangime o in un peggioramento della nostra tecnica di trattamento dell’acqua, ma soltanto nel fatto che i depositi di fosfati nella vasca sono talmente grandi da aver saturato la nostra “decorazione calcarea-adsorbente”, e non può quasi più assimilare nulla. Per un buon periodo possiamo ora mettere in pratica una azione di contrasto attraverso un buon adsorbitore di fosfati, ed è una cosa che dovremmo fare. Cosa fare però quando ad un certo punto si diffonderanno sempre di più le alghe filamentose, che non si lasciano assolutamente influenzare dall’adsorbitore per fosfati? Certo è possibile ottenere la regressione di svariate specie di alghe per mezzo di un “fattore minimale”, o perlomeno limitarne la crescita, in corrispondenza alla legge del minimo di Liebig. Nel caso dei fosfati comunque questo funziona solo in misura limitata. Alcune alghe, infatti, sono in grado, con l’aiuto degli acidi dei loro rizoidi, di riportare in soluzione e valorizzarli i fosfati precipitati. Questo significa che potranno svilupparsi a piacimento sulle rocce calcaree anche quando cercheremo di eliminare i fosfati attraverso un adsorbitore. Non si evidenzierà pertanto un reale fattore di carenza, in grado di limitarne efficacemente la crescita.

Tra le rocce vive di taluni rivenditori è presente anche del materiale proveniente da acquari dismessi con grandi depositi di fosfati. Si dovrebbero impiegare solo rocce vive fresche senza alcun arricchimento di fosfati.
Se in un acquario di barriera invecchiato, nonostante una misurazione ridotta dei valori relativi ai fosfati e l’impiego di un legante, si verifica una piaga di alghe, è necessario prendere in considerazione almeno una parziale sostituzione delle sostanze calcaree nell’acquario, cioè degli “adsorbitori di fosfati decorativi”. Fanno parte di questi depositi anche le sedimentazioni melmose, che si raccolgono nelle zone povere di corrente della vasca, e che vengono attivamente interrate nel fondale da molti minuscoli abitatori della zona sabbiosa. In una vasca in questo modo fortemente inquinata, tutto il materiale di fondo andrebbe gradualmente sostituito con del materiale nuovo. Tra un intervento e l’altro è consigliabile effettuare delle pause di due o tre settimane, durante le quali, se possibile, il fondo non dovrà essere smosso. Inoltre, naturalmente, il materiale vecchio dovrà essere ben separato da quello nuovo. Durante questa fase di completa sostituzione del fondo dovrà essere impiegato un adsorbitore per fosfati di elevata qualità, allo scopo di evitare che possano venir liberati dei fosfati dalla quantità di sabbia corallina vecchia, che precipitano completamente sul nuovo materiale. In ogni caso, non bisogna dimenticare che tutto il fondale è necessario anche per delle importanti funzioni biologiche. Non andrebbe pertanto mai sostituito del tutto in una sola volta, anche se in alcuni casi ciò è stato fatto senza problemi, anche quando erano disponibili in quantità sufficiente delle rocce vive porose e forse un efficace filtro biologico. Di regola si tratta di un intervento rischioso e non consigliabile.
